di Francesco Pontorno per Il Velino

La mafia è un fenomeno complesso. Lungi dall’essere un’associazione di cavernicoli, è semmai un groviglio di relazioni inconfessabili tra politici, professionisti e imprenditori. E l’antimafia è complessa almeno quanto la mafia. Il senatore siciliano Beppe Lumia, che ha costruito la sua fortuna mediatica sull’antimafia, sembrava ormai fuori dai giochi. Nessun ruolo di potere nelle commissioni parlamentari, ma semplice componente delle commissioni Giustizia e Antimafia.

Escluso dal governo e dal sottogoverno. Emarginato dall’ala renziana del Pd siciliano, che non lo ha voluto candidare alle europee. Ha infatti scelto al suo posto lo studioso di diritto penale Giovanni Fiandaca, il detrattore più alla moda dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. Fiandaca stigmatizza l’antimafia populista, parolaia e giustizialista degli “ayatollah dell’antimafia” Antonio Ingroia e Rosario Crocetta, con i quali combatte una guerra che sta sfinendo il Pd siciliano. Lumia è il principale sponsor proprio di Crocetta e quindi, tra le sue sconfitte, va senz’altro annoverato il fallimento del governatore della regione Sicilia, ormai scaricato da tutti.

Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra vivono di business internazionali, perciò chi si occupa d’antimafia, si vedrebbe bene seduto al parlamento europeo. Per la prima volta, infatti, serve una legislazione antimafia continentale. Per questa ragione, il Pd renziano sta mandando Fiandaca a Bruxelles. Un grande studioso che porterà prestigio e competenza in Europa, ma che non ha l’esperienza politica di Lumia ed è quindi più controllabile. Fiandaca ha però fatto parte di importanti commissioni ministeriali ed è pure direttore del Dems dell’Università di Palermo, che organizza corsi di alta formazione per amministratori giudiziari di beni sequestrati alla mafia. Corsi buoni, dunque, per la futura occupazione dei troppi laureati in giurisprudenza ed economia. I renziani, inoltre, hanno candidato accanto a Fiandaca anche il magistrato Caterina Chinnici (figlia di Rocco), che ha già fatto sapere che si impegnerà per creare una procura europea antimafia. Insomma, in tanti hanno capito che il semestre italiano in Europa sarà molto utile per l’Italia, la nazione che ha inventato la mafia e ne produce più di ogni altra. Lumia, dunque, sembrava fuori da tutti i giochi, fin quando non si è aperto un nuovo scenario.  Ma la mafia è un fenomeno complesso e l’antimafia lo è ancora di più.

Da settimane sarebbe dovuto arrivare al Consiglio dei ministri un disegno di legge sull’autoriciclaggio e sui beni confiscati alla mafia. Un ddl basato in parte proprio sulle indicazioni della “commissione Fiandaca”, istituita durante il governo Letta per elaborare proposte di contrasto alla criminalità organizzata. Ma il ddl governativo non è ancora arrivato. Ciò ha dato il tempo alla commissione Giustizia del Senato, di cui è membro Lumia, di accelerare i lavori su un ddl in materia di scambio elettorale politico-mafioso e corruzione, presentato dal presidente Pietro Grasso a inizio legislatura (quando cioè non era ancora presidente). Anche la presidente della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti (Pd), ha dichiarato che vista la rapidità con cui sta lavorando la commissione Giustizia del Senato, il governo potrebbe scegliere di emendare il testo parlamentare, che contiene pure disposizioni su falso in bilancio e autoriciclaggio. In altre parole, il governo potrebbe rinunciare al proprio ddl e accogliere il ddl del Senato.

Ed è qui che interviene Lumia, spiegando che la commissione è pronta a varare il testo e non farà passi indietro, ma accetta modifiche provenienti dal governo. C’è però chi ha capito quanto sta accadendo. Raffaele Cantone – nuovo presidente dell’Autorità anticorruzione e prossimo commissario straordinario dell’Expo – ha criticato infatti il ddl Grasso. “Basta con le leggi fatte solo sull’onda dell’emergenza. Alla fine avremo l’ennesima legge spot. Ormai c’è un gruppo politico in grado di stabilire che quella legge dovrà passare, però non avrà alcuna efficacia sul piano concreto”. Grasso, vistosi tirato in ballo, ha risposto che il nuovo testo non ha nulla a che fare con il suo, presentato un anno fa. Un ddl che metterebbe in imbarazzo il governo che, come detto, ne ha pronto uno proprio basato in parte su proposte di Fiandaca.

Fuori dai palazzi, ormai relegata a ruoli puramente retorici, ci sarebbe l’antimafia di don Luigi Ciotti. L’antimafia sociale si sviluppa in Sicilia nel secondo Novecento, con il movimento contadino, ma diventa un fenomeno popolare dalla seconda metà degli anni Novanta, dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, grazie all’impegno di don Ciotti. Da allora, però, di antimafia sociale ce n’è stata davvero troppa. Fino a un proliferare sospetto di associazioni antiracket. Tanto che sui bilanci di alcune sono in corso indagini per verificare la corretta gestione dei finanziamenti pubblici. Insomma, l’antimafia sociale rischia di diventare un lavoro, un’antimafia professionale e pagata in nero. Don Ciotti ha capito che aria tira e, tra una visita e l’altra a Papa Francesco, va dicendo sempre più spesso che “antimafia” e “legalità” sono parole malate, ormai vuote di contenuto. La mafia è un fenomeno complesso e l’antimafia, pare, lo è ancora di più.