Mafia, Montante prepara il dossier: "Volevano incastrarmi". E dall'archivio spuntano…

Antonello Montante, il leader di Confindustria Sicilia, prepara le sue mosse contro la Procura di Caltanissetta, che lo accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Montante, con i suoi legali, ha preparato un dossier molto corposo – oltre mille pagine – per replicare, punto per punto, a quanto sostenuto dai magistrati, e cioè che sarebbe in combutta con Cosa nostra nissena, che ne avrebbe favorito gli affari e l’ascesa in Confindustria, sotto i vessilli della “legalità” e dell’antimafia”. Domani il Tribunale di Caltanissetta deciderà se convalidare o meno il sequestro.

Sono tanti gli argomenti sollevati da Montante, alcuni anche singolari. Tutti ruotano intorno alla tesi del “complotto”. Le accuse – sostengono i legali di Montante – sono infondate e nascono da una trama, quella si mafiosa, per impedire la svolta “legalitaria” impressa da Montante a Confindustria e a diversi settori dell’economia e della politica in Sicilia.

In questo senso, già un anno fa, nel Febbraio 2015, la Direzione Nazionale Antimafia aveva dichiarato, in una delle sue relazioni, che ci sarebbe stata in corso “una strategia di Cosa nostra per colpire Confindustria Sicilia”.  E il 23 Marzo 2015 è proprio Repubblica – il quotidiano che ha rivelato l’esistenza dell’indagine su Montante – a rivelare che ci sarebbe una sospetta intercettazione o una registrazione anonima, captata con sofisticati congegni, dalla quale emerge un dialogo finalizzato a mettere nei guai il leader dell’antimafia dentro Confindustria.

L’elemento più curioso è pero uno “screenshot” che racconta quello che la difesa considera “un fatto decisamente insolito”: uno dei pentiti-chiave contro Montante  ha anche un profilo su Facebook. Ecco cosa riporta Live Sicilia:

Nel corso degli interrogatori, non è mai stata svelata la località dalla quale Dario Di Francesco ha reso le sue dichiarazioni ai magistrati. Curioso, però, secondo la difesa del leader confindustriale, è che chiunque possa contattare il collaboratore di giustizia sul social network.

“Un fatto decisamente insolito”: questo il commento di Nino Caleca, uno dei legali di Montante, insieme a Marcello Montalbano e Giuseppe Panepinto, che sabato scorso ha depositato al tribunale del riesame anche la “stampa” del profilo Facebook di Di Francesco con tanto di foto del collaboratore stesso e delle persone a lui vicine. Un soggetto, ricordano i leali, sottoposto a tutela non solo dell’incolumità fisica ma anche della “genuinità delle sue dichiarazioni”.

Tra gli altri documenti riportati dalla difesa, la nota riservata sottoscritta anche da Montante e presentata al Vertice nazionale sulla sicurezza tenutosi a Caltanissetta il 21 ottobre del 2013. Una nota dalla quale si evincerebbe, secondo la difesa, “come il Montante abbia individuato e denunciato non soltanto genericamente i componenti di Cosa Nostra ma specificatamente il ‘coetaneo’ Vincenzo Arnone ed il Di Francesco già a far data dal 2005”. Da un memoriale sequestrato nel corso delle perquisizioni disposte nell’ambito dell’inchiesta, ecco anche uno scambio di mail tra Montante e la Procura di Caltanissetta che svelerebbe l’intenzione del leader di Confindustria di spingere Arnone a collaborare con la giustizia”.

La Repubblica, intanto, rivela l’esistenza di un archivio segreto e “sofisticatissimo” trovato a casa di Montante, durante la perquisizione.  Montante ha scannerizzato e memorizzato lettere, telegrammi, email, sms, l’elenco dei regali fatti, contributi concessi, fotografie con ministri, politici, capi della polizia, vertici di tutte le forze dell’ordine, magistrati: Tutto diviso in carpette di colore diverso e cd-rom custoditi in un vero proprio bunker allestito dietro una parete segreta della sua stanza da letto.  Inattesa, per gli investigatori, anche la scoperta, nel bunker di Montante, di un piccolo arsenale, un fucile, una carabina, due pistole con relative munizioni “al vaglio per verificare l’effettiva detenzione da parte del Montante”, si legge nel decreto di sequestro. Scrive Repubblica:

Nel verbale di sequestro del suo archivio c’è di tutto. Una email inviata il 2 marzo del 2015 (un mese dopo che Repubblica aveva reso nota l’indagine) al ministro degli Interni Angelino Alfano; una lettera inviata al Presidente del Consiglio l’8 aprile del 2015. E poi altre cartelline con i nomi del procuratore generale di Caltanissetta Sergio Lari, del procuratore aggiunto Lia Sava, dell’ex procuratore generale di Caltanissetta, adesso a Palermo, Roberto Scarpinato. Ha conservato anche una planimetria per la compravendita di una casa con su scritto “consegnatami da Scarpinato 13 dic 2010” . E persino un raccoglitore di colore blu “marca Quill” con l’intestazione “carabinieri, polizia, esercito, Finanza, Cicli Montante”, con l’elenco di tutti i destinatari delle sue preziose biciclette regalate a capi della polizia, generali, colonnelli dell’esercito e  dei carabinieri, giornalisti, politici, (tra questi, il sindaco di Catania Enzo Bianco con tanto di biglietto di “autenticità” della bicicletta) e a “Bersani”.

La procura di Caltanissetta ha diffuso una nota, rilanciata dall’agenzia Ansa, contenente alcune precisazioni, “onde evitare speculazioni e strumentalizzazioni”, in merito all’articolo di  Repubblica. Non sono state rinvenute, in sede di perquisizione ad Antonello Montante – puntualizza la Procura – classificatori intestati ‘Lia Sava’ (procuratore aggiunto a Caltanissetta, ndr) “ma solo una e-mail tra la dott.ssa Sava e la dott.ssa Linda Vancheri (ex assessore regionale alle Attività produttive, ndr), avente ad oggetto un convegno in materia di anticorruzione del mese di aprile 2013”. “Con riguardo alle carpette – prosegue la nota – con intestazione ‘Scarpinato/Lari’ (rispettivamente ex Procuratore Generale ed ex Procuratore di Caltanissetta, ndr) si tratta di diverse e-mail aventi ad oggetto convegni, raccolte di articoli di stampa ed una planimetria. Del resto, è stato rinvenuto materiale, del medesimo tenore, relativo anche ad altri magistrati, uomini politici e appartenenti a Forze dell’Ordine”. La Procura sottolinea di avere diffuso queste precisazioni “onde evitare possibili speculazioni e strumentalizzazioni, al di là del legittimo esercizio del diritto di cronaca, che potrebbero finire per accomunare, in maniera indistinta, e per finalità estranee alle indagini e pregiudizievoli per le stesse, soggetti avulsi ai contesti attualmente sottoposti ad investigazione”.