A Messina il primato della Fondazione di comunità

MESSINA – L’ultimo riconoscimento – per ora – è quello dell’organizzazione worldwide Global Alliance for Banking on Values. GABV, questo l’impronunciabile acronimo, ha scelto, tra la miriade di iniziative che gli istituti di credito consociati hanno sostenuto, ventitre eccellenze in tutto il mondo, Australia, Africa, America del Nord e del Sud, Asia ed Europa. Per l’Italia ce n’è una sola, ed è già tanto perché l’intera Europa è rappresentata da sette storie in tutto. Ma soprattutto la storia italiana che secondo GABV deve essere presa a modello è una storia siciliana, per di più con ‘casa’ a Messina, grande città dai contorni indefiniti che perde residenti ogni anno e continua a mandare i propri giovani a cercar lavoro altrove. Qui, Fondazione di Comunità, sgrana la propria storia. Ed è tutta un’altra storia. Dalle sedi agli investimenti, dalle attività alle parole-chiave.

Tutto comincia nel 1998 con l’impresa sociale, EcosMed. A seguire vengono il Consorzio Sol.E (1999) che avvia il risanamento dell’ottocentesco Forte Petrazza, per anni occupato abusivamente dalla mafia, dove aggrega cooperative ed esperienze e crea la sede-parco sociale comune, la Fondazione Antiusura Padre Pino Puglisi (2001), la Fondazione Horcynus Orca (2001) che si ‘inventa’ il parco culturale dedicato al capolavoro di D’Arrigo, a Capo Peloro, punta della Sicilia fino ad allora degradata ed abbandonata e oggi sede di un Festival, di turismo educativo, di ricerca sul mare e i suoi mirabolanti segreti di incontri tra i popoli e tra saperi. Nel 2010 tutte insieme, con il sostegno di Fondazione con il Sud, creano la Fondazione di Comunità di Messina e il Distretto Sociale Evoluto (Dse), che le mette in rete con importanti realtà nazionali e internazionali: Banca Popolare Etica, Parsec Consortium, Azienda sanitaria provinciale di Messina, Associazione culturale pediatri, la principale rete europea di città e regioni per l’economia sociale Reves, Caritas Italiana, la Federazione europea delle banche etiche ed alternative (Febea).

Riconosciuta anche dall’Ocse, dall’Unops e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei più interessanti casi mondiali di sperimentazione di modelli di welfare e sviluppo locale, FdCM “è un’esperienza territoriale che ha anche una valenza generale, perché sta sperimentando nuovi paradigmi economici, pazienti, inclusivi, maschili e femminili, e che lottano le mafie”, come spiega il segretario generale Gaetano Giunta. “Paradigmi economici fondati sulla coesione sociale, sul rispetto della dignità delle persone e sulla possibilità di espandere progressivamente le libertà delle persone coinvolte, a partire da quelle più fragili. In coerenza con questa visione, la FdCM promuove la creazione sul territorio di reti e sistemi ad alto capitale sociale e costruisce legami con le più importanti realtà nazionali ed internazionali affini”.

A partire da un fondo di cinque milioni di euro messo in comune dai soci e dalla Fondazione con il Sud, la FdCM investe nella green economy costruendo nell’area dello Stretto di Messina un parco fotovoltaico diffuso che produce energia pulita; la distribuisce gratuitamente ai soggetti che hanno aderito consentendo l’impianto dei pannelli (famiglie, enti pubblici, imprese) generando un rendimento ­grazie al conto energia con cui viene incentivato il fotovoltaico; reinveste il rendimento finanziando un programma di interventi che mirano a quello che tecnicamente si definisce empowerment, e cioè il rafforzamento, l’indipendenza, la piena libertà di un’area e di chi ci abita, con una particolare attenzione alle fasce socialmente in difficoltà e ai quartieri svantaggiati; dà lavoro a persone che hanno percorsi esistenziali difficili (ma non solo) restituendo loro dignità, forza, autonomia. Tutto ciò senza gravare sullo Stato. Anzi, facendo in modo che siano le persone stesse a produrre ricchezza per il territorio in cui vivono e lavorano. A costituirne cioè un capitale.

E infatti il tipo di reinvestimento “tipico” è quello del progetto pilota “Luce è libertà”. Dedicato alla fuoriuscita di 56 persone internate nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto in regime di proroga della misura di sicurezza e a sostenerne nel lungo periodo (20 anni) un percorso di inclusione sociale e lavorativa e di riconquista dei diritti, a metà “strada” ha già numeri sorprendenti: 51 beneficiari sono usciti dall’Opg, tre sono deceduti per cause naturali, uno è in imminente attesa del provvedimento di dimissione, uno risulta non dimissibile per sopravvenute condanne e per tre si sta definendo il primo percorso di inserimento abitativo e socio-lavorativo.  Ma soprattutto la percentuale di rientri in Opg è del 13,7%, di gran lunga inferiore alla percentuale storica dell’Istituto che si avvicina al 50%. I risultati più sorprendenti riguardano gli inserimenti socio-lavorativi: dei 43 beneficiari che con pieno successo hanno completato la prima fase del processo di fuoriuscita, 19 sono già inseriti in percorsi lavorativi, sette sono in pensione, tre sono ad un passo dall’occupazione e quattro stanno partecipando a percorsi di socializzazione finalizzati. Né borse lavoro di breve periodo né budget di salute annuali hanno finora garantito simili risultati, pur se con costi superiori. Si calcola infatti che su sei anni “Luce è Libertà” permette di risparmiare circa il 50% di risorse. Se applicata ai 1.500 posti letto direttamente a carico della Regione Sicilia  dedicati al trattamento di persone con problemi di salute mentale, la metodologia applicata garantirebbe, sempre sul periodo di sei anni, un risparmio che sfiora i 300 milioni di euro.