Acqua minerale, canone in Sicilia troppo caro. Protestano le aziende produttrici

Non solo vino. Anche l’acqua, l’acqua minerale soffre dell’aumento delle imposte in Sicilia e le otto aziende produttrici potrebbero chiudere per i canoni alti, con conseguenze nefaste per gli 800 addetti dell’intera filiera. È per questo motivo che Confindustria Sicilia, in commissione Attività produttive dell’Ars, ha sottolineato la necessità di modificare l’aumento dei canoni di concessione previsto dall’articolo 14 della legge di stabilità 2013, che rischia di mettere fuori mercato le imprese dell’Isola, a tutto vantaggio dei competitor di altre regioni. Dalle sorgenti siciliane vengono imbottigliati circa 63 litri d’acqua al secondo, per un giro d’affari di circa 70 milioni di euro all’anno.

I nuovi canoni in alcuni casi sarebbero infatti di circa 10 volte superiori: un’azienda siciliana di medie dimensioni passerebbe da 40 a 600 mila euro di canone sull’acqua emunta e da cinquemila a 50 mila euro per il canone sulla superficie.
Il problema riguarda dunque l’ammontare del canone e la sua applicazione sulla quantità di acqua prelevata dalla sorgente. Per le aziende produttrici dovrebbe, intanto, essere applicato sull’imbottigliato e, di conseguenza, sul fatturato, in quanto facilmente accertabile. Inoltre, il canone non dovrebbe superare quello applicato in altre regioni d’Italia per non aggravare la posizione delle aziende produttrici siciliane rispetto alla concorrenza. Un aumento del prezzo della bottiglia dirotterebbe, infatti, la scelta del consumatore verso acque minerali sicuramente più a buon mercato ma certamente non siciliane.
Confindustria ha, dunque, proposto una revisione della norma, prevedendo un allineamento dei canoni concessori a quelli di regioni limitrofe. Un adeguamento che potrebbe contemperare la giusta esigenza di garantire maggiori introiti finanziari alla Regione con la sostenibilità economica dei canoni dovuti dalle imprese.
In occasione dell’audizione, Giorgio Cappello, presidente della Piccola industria di Confindustria Sicilia, ha anche voluto lanciare alla classe politica la sfida che la Piccola industria ha dato alle proprie imprese: triplicare l’export del manifatturiero entro il 2020. «Dobbiamo sostenere le imprese – ha detto Cappello – e con esse i lavoratori. La Sicilia non può permettersi di perdere altri pezzi del proprio tessuto economico. Piuttosto che mettere a rischio le imprese che ancora, a suon di sacrifici, resistono sul mercato, bisognerebbe pensare a un piano industriale che le sostenga e le aiuti a portare il made in Sicily fuori dai confini nazionali. Dall’export può passare il rilancio dell’economia siciliana». La proposta è: acqua minerale gratis per le aziende che la esportano fuori dalla Sicilia, e a canoni quasi inesistenti per chi la estrae (emunge) e la distribuisce nell’Isola, dagli attuali 2 euro al metro cubo, previsti dalla legge regionale 9/2013, fino a 30 centesimi al mc. Dichiara la deputata regionale del Movimento Cinque Stelle Claudia La Rocca: “La norma antecedente al 2013 prevedeva un canone di 1,03 euro per metro cubo: Se proprio si deve rivedere la legge vigente per esigenze delle imprese, pretendiamo comunque che la nostra acqua non venga svenduta. L’accordo della conferenza tra regioni del 2006 prevede canoni da 1 a 2,50 per metro cubo per l’acqua imbottigliata e da 0,50 a 2 per l’acqua emunta non imbottigliata. La nostra controproposta è di adottare una normativa che si avvicini a quella della regione Calabria, che mantiene canoni in linea con le altre regioni, ovvero 60 euro per ettaro, 1 euro per l’acqua emunta, 50 cent per l’acqua imbottigliata in vetro, incentivando così meccanismi virtuosi in materia di riduzione a monte dei rifiuti”.