Acqua pubblica in Sicilia, una lotta non ancora finita

La Sici­lia ha visto la più impo­nente e con­ti­nua­tiva mobi­li­ta­zione a favore dell’acqua pub­blica degli ultimi 40 anni. Una bat­ta­glia che muove dalla neces­sità di con­tra­stare il furore ideo­lo­gico con cui sono state impo­ste le pri­va­tiz­za­zioni. Il Pre­si­dente Cuf­faro, da com­mis­sa­rio straor­di­na­rio per l’emergenza idrica, nel 2004 mette in liqui­da­zione l’ente acque­dotti sici­liani per costi­tuire la spa Sici­liac­que, di cui la regione man­tiene un 25% delle quote azio­na­rie e che, per appena 400.000 euro, cede per quarant’anni l’intero sistema acque­dot­ti­stico sici­liano, fatto di 50 anni di inve­sti­menti pub­blici, ad una società che oggi, a seguito di cambi socie­tari, è in mano alla mul­ti­na­zio­nale fran­cese Veo­lia. Nella con­ven­zione si fissa il costo dell’acqua grezza da ven­dere agli ATO pro­vin­ciali che nel frat­tempo e fino al 2007 com­ple­tano l’aggiudicazione del SII ai gestori pri­vati. Da rile­vare che tutte le gare per la gestione del ser­vi­zio idrico inte­grato sono state por­tate a com­pi­mento a colpi di com­mis­sa­ria­menti, con un unico con­cor­rente, con pro­fili di ille­git­ti­mità sol­le­vate dallo stesso garante per la con­cor­renza ed igno­rate dagli organi pre­po­sti. Una vera e pro­pria “spar­ti­zione a tavo­lino” la definì l’allora par­la­men­tare Rita Bor­sel­lino, che ha visto però nello stre­nuo rifiuto da parte dei Comuni a con­se­gnare le reti ai pri­vati e nel soste­gno attivo dei Movi­menti per l’acqua l’avvio di una lotta di resi­stenza e di proposta.

Da lì, in maniera par­te­ci­pa­tiva, nasce la pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare e con­si­liare per l’acqua pub­blica. Nel 2010 135 con­si­gli comu­nali e una pro­vin­cia deli­be­rano all’unanimità per il testo di legge ed i movi­menti rac­col­gono oltre 35.000 firme dei cit­ta­dini sici­liani nel mese di ago­sto dopo averne rac­colte 90.000 per i refe­ren­dum. Ma la Regione non desi­ste. I sin­daci «ribelli» ven­gono negli anni costan­te­mente dif­fi­dati a con­se­gnare le reti ai pri­vati e sot­to­po­sti a pro­ce­di­menti per danno era­riale. Cuf­faro, Lom­bardo e Cro­cetta attra­verso i pro­pri diri­genti gene­rali con­ti­nuano ad inviare com­mis­sari pun­tual­mente riman­dati a casa dai sin­daci schie­rati con le fasce davanti alle porte dei muni­cipi e dalle popo­la­zioni resi­denti che insieme a par­roci e vescovi si schie­rano per l’acqua pub­blica. La legge Popo­lare approda all’Ars dopo la vit­to­ria refe­ren­da­ria ma resta al palo per lo scio­gli­mento anti­ci­pato del governo Lombardo.

Nel frat­tempo i gestori della pro­vin­cia di Palermo e Sira­cusa, rispet­ti­va­mente APS e SAI 8, fal­li­scono lasciando per­so­nale e debiti sulle spalle del pub­blico, e non avendo fatto gli inve­sti­menti pre­vi­sti, men­tre i gestori di Agri­gento, Enna e Cal­ta­nis­setta fanno pagare tariffe da capo­giro a fronte di un ser­vi­zio che non garan­ti­sce la distri­bu­zione arri­vando ad ero­gare acqua, a volte non pota­bile, anche una volta a set­ti­mana. Le con­tro­ver­sie giu­di­zia­rie si mol­ti­pli­cano insieme alle pro­te­ste dei cit­ta­dini, che arri­vano a sui­ci­darsi, come acca­duto in pro­vin­cia di Agri­gento, per la sospen­sione del servizio.

Col governo Cro­cetta l’iter della legge popo­lare riprende ma l’assessore Marino a chiu­sura degli emen­da­menti al testo in Com­mis­sione pre­senta un testo di riscrit­tura inte­grale che ne stra­volge i con­te­nuti pub­bli­ci­sti. Anche gli altri due asses­sori suc­ce­duti a Marino, Cal­leri e Con­tra­fatto fanno la stessa cosa ma a quel punto la Com­mis­sione boc­cia le riscrit­ture e lavora ad un pro­prio testo al quale col­la­bo­rano atti­va­mente, gra­zie ad un tavolo par­te­ci­pato, i pro­mo­tori del ddl Popolare/Consiliare. Il testo esi­tato dalla IV Com­mis­sione Ambiente ARS assorbe quindi i con­te­nuti del ddl di ini­zia­tiva Popo­lare e Consiliare.

Se Ber­lu­sconi con l’art. 23 voleva imporre per legge la pri­va­tiz­za­zione, norma abro­gata dai refe­ren­dum, e i governi che si sono suc­ce­duti hanno ten­tato di negare quel risul­tato, Renzi lo aggira attra­verso prov­ve­di­menti come la legge di sta­bi­lità e lo sblocca ita­lia, che costrin­gono i Comuni a met­tere sul mer­cato i ser­vizi pub­blici locali e ad accen­trare il livello deci­sio­nale. Gli stessi ten­ta­tivi por­tati avanti in Sici­lia, dove l’MPA ha pre­sen­tato una pre­giu­di­ziale di inco­sti­tu­zio­na­lità, boc­ciata dall’Aula. In ultimo le dichia­ra­zioni del sot­to­se­gre­ta­rio Faraone, a testo quasi appro­vato, per sol­le­ci­tare l’Ato unico e la gestione indu­striale danno il polso della pre­oc­cu­pa­zione che la gestione pub­blica possa farsi strada osta­co­lando i grandi rag­grup­pa­menti indu­striali e le mul­tiu­ti­liy per la gestione delle ingen­tis­sime somme di capi­tale pub­blico.
La legge appro­vata, frutto di una media­zione tra le forze di mag­gio­ranza, rece­pi­sce buona parte dei con­te­nuti della legge di ini­zia­tiva Popo­lare e Con­si­liare pre­sen­tata nel 2010, pur ridu­cen­done la por­tata inno­va­tiva e ridu­cendo all’uso idro­po­ta­bile i con­fini di un testo che pre­ve­deva una visione oli­stica dell’uso della risorsa ed il rispetto delle diret­tive euro­pee; pone le basi per la gestione pub­blica del ser­vi­zio idrico, legit­tima i Comuni che in que­sti anni hanno con­dotto una bat­ta­glia di resi­stenza rifiu­tando di con­se­gnare le reti ai privati.

La legge Popo­lare, così come quella appro­vata, era incar­di­nata all’art. 14 dello Sta­tuto auto­nomo della regione che asse­gna com­pe­tenze esclu­sive in mate­ria di acque pub­bli­che. La Sici­lia avrebbe potuto essere quindi la prima regione ita­liana a rece­pire l’indicazione poli­tica dei refe­ren­dum 2011 man­te­nendo come unica forma di gestione quella pub­blica e sfi­dando il con­si­glio dei mini­stri a ricor­rere presso la Corte costi­tu­zio­nale per veri­fi­care il «peso» dell’Autonomia che ha rango costi­tu­zio­nale. La mag­gio­ranza ha invece deciso di man­te­nere le tre forme di gestione pre­vi­ste dalla legge nazio­nale, pub­blica, mista e pri­vata, pur limi­tando in maniera strin­gente la gestione privata.

I pro­mo­tori della legge Popo­lare e Con­si­liare, pur cogliendo alcuni limiti ogget­tivi nel testo appro­vato dall’Aula espri­mono sod­di­sfa­zione per il risul­tato con­se­guito. La gestione pub­blica sarà rea­liz­za­bile dai comuni in forma sin­gola o asso­ciata, non potrà essere sospesa l’erogazione del minimo vitale, si potranno final­mente ana­liz­zare nel merito i con­tratti con i gestori pri­vati e le even­tuali ina­dem­pienze per veri­fi­care le con­di­zioni di recesso. La parola passa ai Comuni che con grande senso di respon­sa­bi­lità dovranno ora dimo­strare che la gestione pub­blica e par­te­ci­pa­tiva può essere più effi­ciente ed eco­no­mica di quella privata.

Da pro­mo­tori rite­niamo che la par­te­ci­pa­zione ed il con­trollo demo­cra­tico che era stato pre­vi­sto con l’art. 3, (e che l’Aula ha boc­ciato tra­sver­sal­mente col voto segreto), sia uno stru­mento fon­da­men­tale per una cor­retta pia­ni­fi­ca­zione delle risorse per que­sto fac­ciamo appello al Pre­si­dente Cro­cetta affin­ché si inte­sti per decreto l’istituzione del tavolo di con­sul­ta­zione per­ma­nente sul piano di gestione delle risorse idriche.

 

Alfio La Rosa

* Comi­tato Pro­mo­tore Legge di Ini­zia­tiva Popo­lare per l’Acqua Pubblica