Anci: risanamento dei conti pubblici sulle spalle dei Comuni

Sono i Comuni quelli che maggiormente stanno contribuendo al risanamento della finanza pubblica. Lo sostiene l’Anci, l’associazione che riunisce gli enti locali italiani, che sta organizzando convegni in tutte le città capoluogo per avanzare le proprie proposte per uscire dalla crisi. Ultimo, in ordine di tempo, quello realizzato a Palermo.

La prima questione sulla quale punta l’attenzione l’Anci è che i Comuni rappresentano solo il 7,6 per cento della spesa pubblica totale, quindi il controllo dei conti dovrebbe essere esercitato sui settori che rappresentano il peso più rilevante della spesa pubblica, in primo luogo le amministrazioni centrali dello Stato. Nel 2012 la spesa delle Pubbliche amministrazioni è stata per il 39% dedicata agli enti di previdenza, per il 29,9% allo Stato, il 18% per le Regioni e la sanità, il 4,2% altre amministrazioni locali e centrali, l’1,3% per le Province e, appunto, il 7,6% per i Comuni.

Ma non solo: i Comuni rappresentano solo il 2,5% del debito totale del paese e peraltro possono indebitarsi solo per gli investimenti.

Eppure i Comuni hanno contribuito al risanamento della finanza pubblica negli anni tra il 2007 ed il 2014 per circa 16 miliardi, 8 miliardi e 700 milioni in termini di patto e quasi 7 miliardi e mezzo di riduzione dei trasferimenti. Infatti i Comuni nel 2012 presentano un avanzo (differenza tra le entrate e le spese) pari a 1 miliardo e 667 milioni, corrispondente al 2,57 percento delle entrate. Al contrario lo Stato registra un deficit di 52 miliardi, pari al 13,26% delle entrate. Inoltre, hanno subito anche una contrazione degli investimenti per più di 4 miliardi, pari a una riduzione del 28% nel periodo 2007/2012. «È arrivato il momento di far ripartire gli investimenti – si legge in una nota dell’Anci – attraverso il superamento dell’attuale impostazione ed introdurre immediatamente la golden rule, cioè una regola che vincoli i Comuni all’equilibrio di bilancio e non imponga più di creare avanzi che mortificano e sacrificano la spesa per investimenti».

La spesa corrente dello Stato conosce un aumento dell’8%, mentre le entrate aumentano del 4,26%; al contrario i Comuni riducono la spesa corrente del 2,5%, e vedono sostanzialmente invariate le entrate correnti. «Tutto ciò – prosegue la nota – perché le recenti scelte operate hanno portato a chiedere un contributo sempre maggiore ai cittadini anche attraverso l’IMU, che non è stato destinato ai Comuni ma al risanamento del bilancio statale. Quindi i cittadini hanno visto aumentare la pressione fiscale locale senza che ne abbiano beneficiato. È il capovolgimento del principio di autonomia e responsabilità su cui si fonda il patto elettorale tra sindaco e cittadini».

Tra il 2012 ed il 2013 la situazione non cambia, anzi si aggrava. Osservando il gettito reale dell’Imu ed il valore dei contributi statali le entrate dei Comuni si riducono ulteriormente di un miliardo (4,22%). Tale situazione è resa inoltre più grave dall’incertezza sul rimborso ai Comuni della seconda rata Imu prima casa. Si tratta di quasi tre miliardi, di cui 500 milioni legittimamente deliberati dai comuni nel 2013.

 

Le proposte dell’Anci

SECONDA RATA IMU

Si ribadisce con forza la necessità di assicurare (entro un termine temporale congruo) la piena compensazione della seconda rata IMU con la copertura finanziaria delle aliquote deliberate dai Comuni nel 2013.

PATTO DI STABILITA’

Riconoscendo il rispetto dell’impegno da parte del Governo di allentare i vincoli del Patto di Stabilità, si chiede di rendere strutturale il contributo di 1 miliardo da assegnare integralmente ai Comuni per spesa per investimento, con una previsione triennale.

Si chiede di eliminare di conseguenza l’ulteriore manovra in termini di Patto di stabilità interno per gli anni 2016 e 2017 imposta ai Comuni per 275 milioni di euro;

Si chiede di introdurre in seguito alla modifica della base di calcolo per la determinazione degli obiettivi del Patto di stabilità, una clausola di salvaguardia in modo da ridurre gli effetti distorsivi.

Si chiede di escludere dai vincoli relativi al Patto di stabilità interno i comuni con popolazione compresa tra i 1000 e i 5000 abitanti, anche modificando le regole relative al cd. patto verticale incentivato.

Si chiede di eliminare le sanzioni poste a carico degli amministratori comunali in conseguenza della violazione del Patto di stabilità.

Condividendo l’esigenza di predisporre un corredo normativo stabile ed organico in materia di società locali, perseguendo obiettivi di massima efficienza ed economicità,  va corretta la disposizione proposta, stabilendo le necessarie deroghe per quei settori vitali quali quello culturale, socio assistenziale ed educativo, servizi scolastici e per l’infanzia, esclusioni peraltro di recente confermate in altro provvedimento, nonché prevedendo poi un sistema di regole a regime, con eventuali piani di rientro e relativo corredo sanzionatorio a carico delle società, escludendo in alcun modo effetti e sanzioni a carico del Comune.

SERVICE TAX

Relativamente alla proposta della  cd.servicetax  e agli effetti sulle entrate dei Comuni, si chiede di assicurare ai comuni una imposta equa, sostenibile, congrua rispetto al gettito del 2013 e atta a preservare una manovrabilità nel tempo della leva fiscale.  Le aliquote previste dalla norma  e 1 miliardo  assegnato ai Comuni non riescono a garantire per molti Comuni- l’equivalente del gettito 2013.  Va pertanto definita una soluzione che assicuri a tutti i Comuni parità di risorse e la conservazione di una leva fiscale autonoma potenzialmente attivabile, anche al fine di evitare tagli occulti non più sopportabili.

Si chiede ripristinare un livello appropriato di detrazioni per abitazione principale ex lege, mettendo a disposizione dei comuni le opportune risorse a carico dello Stato.

FINANZA DERIVATA

Si chiede di regolamentare gli strumenti di finanza derivata al fine di favorire una maggiore trasparenza e tutelare il contraente debole.

FONDO SI SOLIDARIETA’

Si chiede di rivedere le modalità di costituzione e i criteri di riparto del FSC, avviando la costituzione di un apposito fondo perequativo sulla cui base utilizzare i parametri relativi ai fabbisogni standard.

MUTUI

Si chiede di allentare i limiti posti dalla legge alla  possibilità di contrarre mutui per investimenti.

RIMBORSARE SPESE GIUDIZIARIE

Si chiede di individuare soluzioni strutturali alla continua riduzione delle assegnazioni relative a funzioni specifiche (in primo luogo le spese per strutture e servizi giudiziari) che costituiscono un ulteriore taglio non previsto dalle norme vigenti e via via più insostenibile per un crescente numero di Comuni.

RISCOSSIONE TRIBUTI

Si chiede un regime stabile in materia di riscossione da parte dei Comuni, peraltro sempre di più cruciale in una fase di razionalizzazione della spesa, di riduzione delle entrate e di alleggerimento della pressione fiscale per tutti i contribuenti

COMUNI DI AREE TERREMOTATE

Si chiede di assicurare un’effettiva invarianza dii risorse standard alle aree colpite dai terremoti (Abruzzo, Emilia-Romagna e altri eventi di impatto più limitato).

FEDERALISMO FISCALE

Più in generale si chiede l’apertura di un confronto per la riscrittura del sistema fiscale e il rilancio di un percorso di federalismo fiscale.

Il caso Palermo

Nel corso del convegno palermitano è stato approfondito il caso della città di Palermo. I i vincoli del Patto di Stabilità Interno, hanno obbligato il Comune, pur disponendo delle risorse finanziarie necessarie , a contrarre considerevolmente

la spesa. Complessivamente, nel periodo 2008/2013, non sono stati immessi nel circuito economico locale, a beneficio della finanza centrale, risorse finanziarie per 162,1 milioni (il dato è pari alla somma dei saldi obiettivo).

Nel periodo, 2007/2013, i trasferimenti erariali al Comune di Palermo sono stati ridotti, a seguito delle innumerevoli disposizioni di legge di carattere finanziario per il raggiungimento dei saldi di finanza pubblica imposti dalla Ue, per un totale di 254,0 milioni di euro.

In totale le manovre hanno inciso per un totale di 416,1 milioni di euro sui conti della città. In particolare, il Patto di Stabilità per 162,1 milioni, poi i tagli del D.L. 112/2008 (23,2 milioni), della legge 191/2009 (6,3 milioni, il D.L. 78/2010 (163,0 milioni), il D.L. 201/2011 (17,4 milioni) e il D.L. 95/2012 (44,1 milioni). Anche la Regione Siciliana, nel periodo 2007/2013, ha ridotto i trasferimenti correnti (Fondo Autonomie Locali). I tagli operati al Comune di Palermo ammontano a 24,7milioni.

Le politiche statali di contenimento del debito hanno avuto un notevole impatto sulla composizione delle Entrate Correnti del Comune di Palermo. Si è assistito, infatti, ad una netta riduzione dei trasferimenti, con contestuale incremento delle entrate tributarie.

La spesa corrente media del Comune di Palermo, nel periodo 2007/2012 è stata di 0,76 mld. annui, il suo andamento rileva una visibile caduta a partire dal 2009. La spesa investimento del Comune di Palermo, in netto calo nel periodo 2007/2012, ha registrato una netta inversione di tendenza a partire dal 2012 in controtendenza rispetto alla media dei comuni italiani.

Infine, ci sono i tagli apportati al bilancio di previsione 2013: Patto di Stabilità 42,64 milioni, D.L. 112/2008 4,65 milioni, L. 191/2009 3,08 milioni, D.L. 78/2010 61,56 milioni, D.L. 201/2011 8,71 milioni, D.L. 95/2012 36,16 milioni, F.A.L. (Regione Siciliana) 4 milioni. Per un totale di 160,80 milioni.

«Il Comune di Palermo – ha detto il sindaco Leoluca Orlando – oggi è finalmente diventato un esempio virtuoso, avendo approvato, tra i primi in Italia, il proprio bilancio di previsione in netto anticipo rispetto alla scadenza di legge.  Siamo convinti che non si può più penalizzare un Comune impendendogli  di spendere le risorse economiche che esistono e che sono disponibili. Altrimenti si continuerà a bloccare lo sviluppo. Ci sembra anomalo non poter riuscire a concludere operazioni a costo zero come il trasferimento del personale in esubero fra le aziende partecipate, oppure, pur avendo le risorse necessarie poter garantire la prosecuzione del rapporto lavorativo, non poter confermare i contratti a centinaia di dipendenti che svolgono servizi essenziali per la comunità».

 

Il caso Bagheria

La Corte dei Conti ha intimato nei giorni scorsi al Consiglio comunale di Bagheria di  «deliberare senza indugio con provvedimento non revocabile il dissesto finanziario dell’ente», mentre l’amministrazione dece avviare tutte le procedure in questo senso. Il problema dell’ente è legato ai debiti fuori bilancio: 36,5 milioni di euro in tutto, di cui 25,5 milioni già accertati e 11 milioni potenziali. Anche se il sindaco Vincenzo Lo Meo annuncia ricorso al Tar contro la deliberazione affermando che Siamo convinti che con un piano di rientro decennale il Comune potrà a mettere apposto i conti.