Antimafia e affari, lo strano caso dell’associazione antiracket di Marsala

Le polemiche su Addiopizzo a Palermo, l’arresto della presidente dell’associazione antiracket salentina, pongono ancora l’attenzione su molti aspetti poco chiari nel mondo dell’antimafia, sopratutto sul fronte delle associazioni antiracket. Un caso particolare è quello, ad esempio, dell’associazione antiracket di Marsala. Che è bene raccontare.

La  storia dell’associazione antiracket di Marsala comincia nel 2000 con un’assemblea pubblica convocata dal Comune dopo l’ennesimo attentato incendiario in città. All’assemblea non si presenta quasi nessuno. Pochi cittadini, nessun commerciante o imprenditore tra loro, e viene eletto  un presidente, Michele Lusseri, che di lì a poco aprirà una sala scommesse, non proprio il simbolo dell’economia virtuosa…

L’associazione non ha fatto mai alcuna attività degna di nota: assistere un commerciante che ha problemi di usura (e a Marsala sono in tanti) o di estorsione, ad esempio. Per stessa ammissione dell’attuale presidente Michele Chirco: “Nessuno è venuto mai a denunciare… “. Si è specializzata, invece, nel tempo, in due filoni. Il primo consiste in una pletora di incontri con le scuole dal discutibile valore.
Ma è più interessante il secondo filone. In breve tempo, l’avvocato Giuseppe Gandolfo, il dominus dell’associazione,  ha fatto di questo ente una formidabile macchina per la costituzione in serie di parte civile nei processi per mafia, estorsione e non solo, arrivando anche a cambiare lo statuto dell’associazione, aprendo sedi (solo sulla carta) in diverse parti d’Italia, e allargando il giro delle parti civili anche fuori dalla Sicilia. Un caso unico, emblema di che cos’è diventata oggi l’antimafia: un’associazione antiracket, di Marsala, che non fa alcuna attività concreta di difesa e tutela dal racket, ma che si costituisce parte civile nei processi per mafia a Marsala, come a Trapani, Palermo, fino, pensate a Bologna o Perugia…
In questa vicenda c’è tutta la perdita di senso dell’antimafia, oggi. Non c’è nulla di illegale nel piccolo giro messo su dall’avvocato Gandolfo, nella sua qualità di dominus dell’associazione antiracket di Marsala: è lui a “scegliere” i presidenti, è lui a scrivere i comunicati ridondanti dell’associazione, è lui, nel suo studio, ad organizzare l’attività dell’associazione. E’ tutto molto triste, soprattutto se poi nella stessa associazione accade che si iscrivano anche i  sostenitori dei vari comitati elettorali di Gandolfo nelle diverse occasioni in cui ha tentato di candidarsi alle elezioni amministrative e politiche, prima con il Pd, poi con Italia dei Valori, poi con Ingroia, adesso con il Movimento Cinque Stelle. E difatti gli iscritti all’associazione sono in gran parte iscritti al Movimento Cinque Stelle e viceversa. E’ normale? L’associazione antiracket di Marsala nel 2014, decide di cambiare nome. L’antiracket e Marsala stanno stretti, i processi sull’usura sono pochi in città, e scarseggiano quelli contro le cosche locali. Allora ci si attiva ad una rivoluzione dello statuto, a cominciare dal nome. Non si chiamerà più associazione Antiracket di Marsala, ma “Associazione Antiracket e Antimafie Paolo Borsellino Onlus”. Tutto quadra. Le mafie, non più la mafia, consente di far rientrare nella lista i processi contro le ‘ndrine di tutta Italia, o le associazioni criminali ibride, come Mafia Capitale. Spuntano sedi fittizie. In Piemonte, a Roma, a Bologna.

Ad esempio l’associazione si è costituita parte civile al processo “Aemilia” sulla ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Il primo step del processo, quello con il rito abbreviato scelto da alcuni imputati, si è concluso con l’ammissione di parte civile per l’associazione marsalese e il riconoscimento di un “ristoro” di 20 mila euro. Più il pagamento delle spese legali: 7 mila euro per il legale di fiducia dell’associazione, ossia lo stesso Peppe Gandolfo. Quali sono state le attività sul territorio emiliano tali da giustificare la costituzione di parte civile, e quali sono stati i danni provocati all’associazione dalle ‘ndrine?

L’associazione antiracket, c’è da dire, che in questi anni è stata anche una sorta di comitato elettorale per l’avvocato Giuseppe Gandolfo. All’interno ci sono quasi tutti i suoi fedeli sostenitori che lo hanno seguito nella campagna elettorale del 2012, quando si candidò sindaco a Marsala, con Italia dei Valori e Sel, e poi lo hanno seguito nella “moda” dell’adesione al movimento 5 Stelle di Marsala.

La Procura di Palermo di recente ha aperto un’inchiesta sull’associazione.  L’indagine della guardia di finanza nasce a seguito di alcuni articoli di Tp24.it che avevano sollevato dubbi sulla legittimità dell’operato dell’associazione e avevano portato anche Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, a fare una formale diffida all’associazione per cambiare nome:  «Diffido l’associazione antimafia e antiracket di Marsala, che sembra particolarmente impegnata sul fronte delle costituzioni di parte civile nei processi contro la criminalità organizzata, ad utilizzare il nome di mio padre Paolo Borsellino». Sono stati acquisiti i verbali dell’associazione, interrogate già diverse persone, e la Finanza sta passando al setaccio i bilanci degli ultimi anni. Si cerca di mettere in chiaro il bilancio dell’associazione. Per citare un esempio, solo nel 2013, per “compensi professionali”, l’Associazione ha speso più di 23.000 euro. 

Nel frattempo l’associazione ha cambiato nome e adesso si chiama “La verità vive”. Decine di articoli, di denunce, un’inchiesta aperta dalla Procura di Palermo, sembrano non avere scalfito di un nonnulla l’associazione di Gandolfo, come dimostra il verbale dell’ultima assemblea straordinaria.

Il 17 Febbraio scorso, infatti, l’associazione si è riunita per procedere al cambio del nome. La convocazione dell’assemblea straordinaria per modificare lo statuto è stata anche l’occasione, però, per ritoccare alcune cosette. Il tutto in appena venti minuti.

Il nuovo nome è “La verità vive”. E’ la frase che è scritta nella lapide di Rita Atria, come dicevamo, al cimitero di Partanna. Rispetto a Paolo Borsellino, è difficile fare cattive figure, anche perché la presidente onoraria dell’Associazione è Piera Aiello, cognata di Rita Atria.

Ma le sorprese non finiscono qui. Perchè l’associazione ha fatto una convenzione con un’altra associazione il “Movimento per la Difesa del Cittadino”. Cos’è? Un’altra associazione che ha sede legale nello studio dell’avvocato Giuseppe Gandolfo….

Ma c’è di più. Una delle cose che ha destato più scandalo a livello nazionale su questa associazione è la presenza, nello statuto, di sedi fittizie in gran parte d’Italia. Lo scopo è chiaro: se io dichiaro di avere una sede a Bologna, magari perché mi appoggio a casa di un amico, poi posso chiedere di essere ammesso parte civile nel processo contro la ‘ndrangheta in Emilia. E’ già accaduto. E L’associazione (e il suo avvocato) hanno ottenuto risarcimenti danni (e relative parcelle), partecipando a quel processo il minimo essenziale. Il colpo non è riuscito con il processo su Mafia Capitale. Lì l’associazione di Gandolfo è stata esclusa. Così come nel processo sulla Trattativa Stato – mafia. Ma l’associazione ha chiesto di essere ammessa parte civile nel processo a Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992 che si tiene a Caltanissetta. E in questo caso non solo non c’è un nesso di causalità, ma i fatti sono antecedenti alla data di fondazione dell’Associazione. Ha chiesto anche di essere ammessa, giusto per dire, ad un processo, “Gotha 6” che si tiene a Barcellona Pozzo di Gotto: un processo che cerca di fare luce su diciassette omicidi avvenuti nel contesto della mafia barcellonese tra il 1991 e il 2003. In questo caso non c’è nemmeno l’imputazione associativa…
E insomma, il gioco continua. E nel nuovo statuto modificato sono previste sedi “secondarie/amministrative/operative” a: Palermo, Trapani, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Alcamo, Caltanissetta, Catania, Agrigento, Bologna, Roma, Napoli, Ferrara, Brolo, Messina, Avellino, Treviso, Milano, Torino, Firenze, Padova, Verona, Siracusa, Ragusa, Enna, Termini Imerese, Bagheria, Gela, Patti, Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio di Calabria, Catanzaro, COsenza, Vibo Valentia, Caserta, Salerno, Benevento, Brindisi, Lecce, Bari, Taranto, Foggia, Potenza, Matera, Brescia, Isernia, Pescara, Campobasso, Perugia, Spoleto, Venezia, Pisa, Forlì – Cesena, Cagliari, Sassari, Latina, Frosinone, Livorno, Modena, Monza, Parma, Pavia, Urbino, Reggio Emilia, Rimini, Siena “ed altre istituende, senza limitazione territoriale”. Sono, al momento, 65 sedi.  Ovviamente, inesistenti.