Banche. Unimpresa, boom di sofferenze in 12 mesi +22% a 135 miliardi

PALERMO – Boom di sofferenze nelle banche: negli ultimi 12 mesi sono cresciute del 22% arrivando a quota 135 miliardi di euro. La quota maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente è quella delle imprese (92,6 miliardi). Le “rate non pagate” dalle famiglie valgono complessivamente 29,6 miliardi mentre quelle delle imprese familiari 12,1 miliardi. A 1,8 miliardi ammontano invece le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa.

In totale, dunque, le sofferenze sono passate dai 110,8 miliardi di maggio 2012 ai 135,7 miliardi di maggio 2013 (+22,4%) in aumento di 24,8 miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese è salita da 73,2 miliardi a 92,1 (+25,8%) in aumento di 18,9 miliardi. La fetta relativa alle famiglie è cresciuta da 25,7 miliardi a 29,6 miliardi (+14,9%) in salita di 3,8 miliardi. Per le imprese familiari c’è stato un aumento da 10,4 miliardi a 12,1 miliardi (+16%) in aumento di 1,6 miliardi. Le “altre” sofferenze sono passate invece da 1,3 a 1,8 miliardi (+31,7%) con 442 milioni in più.

Parallelamente c’è la stretta dei rubinetti allo sportello. Nel 2013, infatti, secondo le analisi Unimpresa, stanno calando al ritmo di oltre 100 milioni di euro al giorno i prestiti delle banche alle imprese. La riduzione giornaliera di finanziamenti, per la pubblica amministrazione, è pari a più di 150 milioni. Mentre per le famiglie la media quotidiana di credit crunch è superiore a 20 milioni. Complessivamente la diminuzione del credito, in tutti e tre i comparti, nei primi 5 mesi dell’anno è stata di 42,7 miliardi con una media giornaliera di calo pari a 283 milioni.

Nell’ultimo anno, da maggio 2012 a maggio 2013, i finanziamenti degli istituti sono crollati di 58,4 miliardi di euro: -11,3 miliardi per la pa, -38,7 miliardi per le imprese e -8,2 miliardi per le famiglie. Ritmo negativo che ha segnato, in particolare, la prima parte dell’anno in corso. Stato centrale, regioni, province e comuni hanno fatto i conti con una stretta ai finanziamenti, da gennaio a maggio, per 23,2 miliardi: -154 milioni al giorno. Il credit crunch subito dalle aziende, invece, è stato di 16,3 miliardi: -108 milioni al giorno. La riduzione di mutui, credito al consumo e prestiti personali erogati alle famiglie è stata in totale di 3,1 miliardi: -21 milioni al giorno.

Il 2013 è dunque cominciato nel peggiore dei modi. Per le famiglie, anzitutto, che stanno assistendo a un drastico taglio di tutti i tipi di finanziamento: il totale dei crediti è sceso dai 610 miliardi di dicembre 2012 ai 606,8 miliardi di maggio. Nei primi 5 mesi dell’anno lo stock di mutui è sceso di 165 milioni, il credito al consumo di 1,4 miliardi e i prestiti personali di 1,7 miliardi. Per le imprese difficoltà sui prestiti di tutti i tipi di durata: il totale dei crediti è sceso dai 864,6 miliardi di dicembre 2012 ai 848,3 miliardi di maggio. Quelli a breve termine (fino a 1 anno) sono calati di 8,2 miliardi, quelli a medio periodo (fino a 5 anni) di 1,3 miliardi e quelli a lungo periodo (oltre 5 anni) di 9,4 miliardi. Situazione analoga per amministrazione centrale dello Stato ed enti locali: il totale dei crediti è sceso dai 1.990,4 miliardi di dicembre 2012 ai 1.967,1 miliardi di maggio. Giù di 19,2 miliardi i p restiti a breve e di 7,3 miliardi quelli a lungo periodo; in controtendenza i finanziamenti a medio periodo, cresciuti di 3,4 miliardi.

“La situazione dei finanziamenti è drammatica. E’ vero che la crisi rende più difficile l’erogazione di denaro da parte degli istituti, ma agli operatori bancari chiediamo di andare oltre i freddi numeri dei bilanci, di valutare i progetti, le prospettive di sviluppo e crescita delle aziende che bussano allo sportello per ottenere un po’ di liquidità” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “C’è Basilea 3 ed esistono mille lacci e lacciuoli che contribuiscono ad appesantire una fase assai complessa – osserva Longobardi – e perciò chiediamo la creazione di un tavolo di lavoro comune col Governo e le associazioni di categoria al fine di trovare una via d’uscita, nell’interesse di tutti”.