Barone (Uil): “Rendere la Sicilia un terreno favorevole agli investimenti”

CLAUDIO BARONE SEGRETARIO UIL.Un bilancio della Regione «misterioso», tassi bancari mediamente più alti del resto d’Italia, disoccupazione giovanile reale ben al di sopra delle statistiche ufficiali. È questo il ritratto che fa Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia, della situazione economica siciliana. E oggi c’è la manifestazione regionale unitaria, in preparazione di quella nazionale del 22 giugno.

Quali sono i temi sul piatto della manifestazione di oggi?

«Non riporteremo sic et simpliciter i temi nazionali (cassa integrazione, ammortizzatori in deroga, tasse sul lavoro), ma declineremo la situazione economica e sociale in chiave siciliana. Qui c’è un tessuto produttivo più debole, si è vissuto molto di assistenzialismo e non è più una strada praticabile, i governi regionali finora non hanno perseguito politiche previdenti e virtuose. Adesso c’è questo nuovo governo guidato da Crocetta che dichiara di voler cambiare le cose, ma certamente non ha la bacchetta magica».

Dalla Regione è arrivato almeno qualche segnale positivo?

«Sicuramente sulla formazione professionale è stato fatto un buon accordo. La proposta dell’assessore Scilabra non ci piaceva, allora abbiamo messo sul tavolo i nostri suggerimenti che sono stati accolti. Se il metodo fosse sempre questo si potrebbero risolvere molte cose e se la Regione vorrà fare le riforme avrà l’appoggio della Uil».

Com’è giudica la situazione economica siciliana?

«Abbiamo ereditato una situazione terribile. I dati ufficiali indicano una disoccupazione al 20%, ma si tratta solo di un dato burocratico, perché viene calcolato solo chi nell’ultimo anno ha compiuto un’azione formale per cercare lavoro, recandosi nei centri per l’impiego. In realtà, la disoccupazione è molto più alta e nella fascia giovanile la disoccupazione conclamata ha raggiunto il 50% e a questo si aggiunge il 33% dei cosiddetti “scoraggiati” che sono completamente usciti dal mercato del lavoro. Il resto ha lavori più o meno precari. Inoltre, il 50% dei laureati nella facoltà scientifiche emigra».

E la situazione della Regione?

«Anche qui c’è un’eredita pesante: il bilancio è misterioso, l’attuale assessore Bianchi non ha certo la bacchetta magica, ma almeno sta parlando di numeri reali. C’è la nota positiva relativa ai 18 mila precari degli enti locali: si è riusciti – e non era facile – a far cambiare la legge nazionale. Adesso, però occorre trovare la soluzione giuridica definitiva per stabilizzarli, altrimenti tra 6 mesi saremo punto e a capo».

E quella delle imprese?

«Il tessuto industriale è in calo, quello edilizio ancora peggio: è in decrescita da un anno e mezzo».

Cosa occorre fare?

«Sicuramente utilizzare le risorse europee per interventi più utili e maggiormente concentrati e per questo chiediamo alla Regione di riprogrammare i fondi comunitari in questa direzione. Poi occorre garantire la percorribilità degli investimenti internazionali. La Lukoil, ad esempio, ha programmato 1,3 miliardi di investimenti su Priolo, ma già sono iniziate le pastoie burocratiche. Dobbiamo invece rendere il terreno favorevole agli investimenti. Altro settore dove intervenire è quello delle banche: in Sicilia il costo del denaro è mediamente più alto del 2% rispetto alla media nazionale, perché il sistema produttivo siciliano viene considerato a rischio. Allora occorre creare un fondo di garanzia».

Ci sono comunque degli esempi positivi. Per esempio la sanità.

«Sicuramente sul piano della spesa nella sanità c’è stata una grande attenzione, senza questa spending review la Sicilia avrebbe avuto decurtato enormemente i trasferimenti dello Stato. Però, ancora non è stato avviato un processo di dotazione di servizi al territorio, in modo da eliminare il problema dei ricoveri impropri. Altro spreco da correggere è quello dell’eccesso di mobilità sanitaria».