Beni confiscati, Cappellano Seminara: "Sulle aziende del porto i sindacati mistificano"

Continuano i botta e risposta sul tema dei beni confiscati alla mafia. Con una lettera inviata oggi alle organizzazioni sindacali regionali del comparto portuale in relazione a comunicazioni diramante dalle stesse lo scorso 4 novembre al termine di un’assemblea delle società C.L.P. G. Tutrone soc. coop. a r.l. e Portitalia s.r.l., Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario dal marzo 2012, denuncia la “grave mistificazione dei fatti” operata dalle stesse organizzazioni “con chiaro intento denigratorio dell’operato dell’amministrazione giudiziaria. La comunicazione di fatti che non trovano riscontro nelle realtà aziendali sono strumentali a obiettivi che nulla hanno a che fare con la salvaguardia dei posti di lavoro e creano gravi e infondate preoccupazioni nei diversi soggetti quali fornitori, clienti ed enti di controllo che interagiscono giornalmente con le aziende,  con evidenti rischi per le attività delle imprese e per i lavoratori”.
Le cinque società, che contano oggi poco meno di 200 lavoratori, sostiene Cappellano, prima dell’amministrazione giudiziaria rappresentavano delle idrovore finanziarie e producevano perdite di diverse decine di milioni di euro, artatamente celate. “In soli sei mesi di attività, le aziende più giovani, T.C.P. s.r.l. e Portitalia s.r.l., avevano generato perdite per oltre un milione euro e debiti nei confronti dell’Inps di 600 mila euro – dice Cappellano -. Il debito complessivamente prodotto da tutte le 5 società ante sequestro nei confronti dell’Erario, dell’Inps e dell’Inail ammontava a circa 25 milioni di euro, di cui 16 milioni per contributi da lavoro dipendente non versati”.
Secondo Cappellano, “i sindacati omettono di riferire che le società, solo oggi in condizioni di assoluto e incontrovertibile equilibrio economico e finanziario, sono costituite da soci lavoratori, i quali non potevano e non possono ritenersi estranei ai comportamenti illegittimamente adottati, in quanto ogni singolo mese per oltre 6 anni hanno consapevolmente deciso di omettere il pagamento dei propri contribuiti da lavoro dipendente, destinando le risorse finanziarie ad altre finalità, e costringendo così oggi la collettività a farsi carico delle loro pensioni e del debito di circa 25 milioni di euro prodotto”. e poi: “Parimenti falsa e mistificante – aggiunge l’avvocato Cappellano – è la dichiarazione delle organizzazioni sindacali che profilano uno stato fallimentare, il rischio di perdita di posti di lavoro ed addirittura la perdita di commesse. La realtà è invece che fin dal 2013 le performance operative sono divenute più remunerative producendo buoni risultati economici, grazie ad un sano e virtuoso processo di ristrutturazione aziendale, voluto dall’Amministrazione Giudiziaria, che ha fatto confluire in un’unica società le altre strutture aziendali in patente perdita e la cui vigenza sarebbe stata diseconomica, senza che sia stato perduto un solo posto di lavoro e mantenendo integre tutte le commesse”.
E poi il resoconto, in dettaglio, su come sono andate le cose: nel 2014 Portitalia s.r.l. ha generato un utile netto largamente positivo, non si sono prodotti debiti nei confronti dell’Inps, dell’Inail e dell’Erario, le forniture sono state regolarmente pagate e le commesse continuano ad essere immutate da oltre 3 anni. E tali risultati economici, mai realizzati dalle aziende nei 10 anni precedenti il sequestro, si mantengono anche nel 2015.Le stesse considerazioni valgono anche per la C.L.P. G. Tutrone, le cui sorti, e di questo le parti sindacali hanno piena coscienza, non dipendono da una cattiva gestione dell’amministrazione giudiziaria, ma da scelte irrazionali assunte ben prima del sequestro e che oggi non possono che produrre effetti negativi. Nel periodo di Amministrazione Giudiziaria la C.L.P. G. Tutrone ha condotto la propria gestione in assoluto pareggio ed ha regolarmente adempiuto a tutti gli obblighi previdenziali, assistenziali e fiscali, contrariamente a quanto avvenuto nei cinque anni precedenti il sequestro. “Pertanto – dice Cappellano – il patrimonio delle citate società in sequestro ben lungi dall’essere stato “svuotato”, è stato, viceversa, nel periodo di Amministrazione Giudiziaria, notevolmente accresciuto per quanto riguarda la Portitalia s.r.l. e sostanzialmente mantenuto per la C.L.P. G. Tutrone. Nessun lavoratore ha nello stesso tempo perduto il proprio posto di lavoro”.