Biogas, al sud può valere 5,6 miliardi di investimenti

L’Italia è il terzo produttore di biogas al mondo in agricoltura, eppure solo una piccola percentuale di questo primato è appannaggio delle regioni del mezzogiorno. Esiste un potenziale largamente inespresso, considerata la sensibile quantità di sottoprodotti e residui agro-industriali disponibili, che potrebbe essere finalmente concretizzato dalnuovo sistema incentivante previsto dal decreto ministeriale sul biometano, biocarburante avanzato che si ottiene dal biogas, reso operativo da una delibera del Gestore dei servizi energetici dello scorso 5 agosto.

Il ‘giacimento verde’ del sud può innescare al 2030 investimenti per 3,8 miliardi di euro nell’ipotesi più conservativa e di 5,6 miliardi di euro in quella più spinta, generando ricadute economiche complessive che valgono un aumento dello 0,3 per cento del Pil del Mezzogiorno, pari a 18,4/27,4 miliardi di euro a seconda dello scenario evolutivo. Per lo Stato ciò rappresenterebbe un aumento delle entrate fiscali di 3,3/5 miliardi. In termini occupazionali, si avrebbe la creazione di 8 mila nuovi green job stabili e altamente qualificati. Dal punto di vista ambientale, infine, una riduzione delle emissioni di C02 pari a 79 milioni di tonnellate.

Le stime sullo sviluppo della filiera del biogas-biometano nel mezzogiorno, tracciate dallo Studio Althesys, sono state illustrate nel corso della conferenza “Biogasdoneright and carbon soil sequestration” promossa dal CIB, Consorzio Italiano Biogas, al centro Radicepura di Giarre, in provincia di Catania, nel contesto del dibattito sulla riduzione delle emissioni, obiettivi fissati dall’Unione Europea e dal Protocollo di Kyoto e in vista della Conferenza COP21 di Parigi.

«Grazie all’impegno del governo – ha dichiarato Piero Gattoni, presidente del CIB, Consorzio Italiano Biogas –, in particolare del Mipaaf, l’Italia ha una delle normative più avanzate sul biometano e può guardare con fiducia all’obiettivo di raggiungere entro il 2022 il target del dieci per cento di consumo di biocarburanti, di cui il 2% avanzati, quelli cioè che non sottraggono terreno all’alimentare, come ad esempio il biometano».

Il biometano non è impiegabile solo nell’autotrasporto, ma potrà essere immesso anche nella rete nazionale del gas dopo che l’Europa avrà legiferato sull’atteso aggiornamento del codice di rete.

«L’Italia – ha proseguito Piero Gattoni – ha la possibilità di lanciare il modello di un’agricoltura carbon negative, capace di emettere meno gas clima alteranti e di sequestrare il carbonio nel suolo combattendo la desertificazione dei terreni agricoli. Un ulteriore vantaggio derivante dalla filiera del biogas-biometano è l’intensificazione sostenibile del suolo agrario mediante le rotazioni colturali. Questo modello noi l’abbiamo chiamato Biogasdoneright, “Biogas Fatto Bene”. Dall’estero sono venuti già a studiarlo».

Il Consorzio Italiano Biogas ha infatti stretto un accordo di collaborazione scientifica con il Prof. Bruce Dale, consulente del presidente Obama, e la Michigan University. Proprio in questi giorni, ricercatori Usa sono ospiti del dipartimento di Agricoltura, Alimentazione ed Ambiente dell’Università di Catania.

Nel corso della conferenza di Radicepura, Giuseppe Castiglione, sottosegreratio di stato al Mipaaf, ha annunciato un programma di sostegno specifico allo sviluppo della filiera del biogas e biometano per  il mezzogiorno. Attenzione mostrata anche da Giovanni La Via, presidente della commissione Ambiente del parlamento europeo, intervenuto nel dibattito. Contributi anche dal rettore dell’Università di Catania, Giacomo Pignataro, dal presidente nazionale di Confagricoltura Mario Guidi, dall’assessore all’agricoltura della Regione Sicilia, Rosaria Barresi, da Gianni Silvestrini del coordinameto Free, Fonti rinnovabile ed efficienza energetica e da Jan Stambasky, presidente Eba, associazione europea del biogas.