Confindustria Sicilia: studenti americani a lezione di legalità

PALERMO – A lezione di legalità in Confindustria Sicilia. Venticinque studenti della sede di Firenze della New York University, in visita nell’Isola, oggi hanno approfondito a Palermo la conoscenza del fenomeno mafioso e su come questo incida sul mondo delle imprese. I ragazzi, accompagnati dal ricercatore Salvatore Sberna, hanno incontrato il vicepresidente Giuseppe Catanzaro con il quale si sono soffermati sugli effetti distorsivi che l’illegalità produce sul mercato economico, sui settori produttivi e, più in generale, sullo sviluppo di un’area; sul rapporto tra legalità ed economia, ma anche sulle eventuali opportunità di business nell’Isola. “Spesso – ha sottolineato Catanzaro – viene offerta una immagine della Sicilia differente dalla realtà. La nostra è una terra ‘normale’ perché oggi gli imprenditori che vogliono lavorare e produrre nella normalità, e quindi nella legalità, possono farlo. Sicuramente ancora c’è tanta strada da fare, ma rispetto a dieci anni fa il panorama è cambiato totalmente, anche grazie a realtà come la Fai, la Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiani, o Addiopizzo. Anzi, vi dirò di più, senza Addiopizzo oggi non potremmo parlare di nulla, perché ha segnato un vero e proprio cambiamento culturale. L’eccellente azione di forze dell’ordine e magistratura, infatti, da sola non può modificare la cultura di un popolo. È necessario che ciascuno faccia la propria parte”.

Catanzaro ha poi spiegato come la mafia negli ultimi anni abbia mutato aspetto: “Forse ci sono più morti ammazzati a New York che in Sicilia. Oggi, la mafia si nutre di economia, di burocrazia e di politica malata. Pezzi di società che proteggono un sistema vecchio nella speranza di trarne vantaggio”. E il risultato, in questi casi, è una vera e propria alterazione delle dinamiche di mercato: “Basti pensare – ha aggiunto Antonio La Spina, ordinario di sociologia all’Università di Palermo, che nel 2008 ha curato per la Fondazione Rocco Chinnici, il saggio ‘I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia’ – che cinque anni fa il costo diretto stimato dell’illegalità, con forti connotati prudenziali, era di circa un miliardo di euro, ossia 1,3 punti percentuali del pil della regione. Un dato che oggi, vista la crisi economica, rischia di essere molto più alto. Una cosa è certa: la mafia distorce il mercato, in favore dei suoi ‘protetti’”. “Non è vero però – ha rilanciato Catanzaro – che dove c’è mafia non ci sono investimenti. A scoraggiare gli investimenti è uno Stato debole, incapace di tutelare i propri cittadini. Viceversa, uno Stato autorevole tutela gli investitori”.

Cosa fare, dunque, per stare sul mercato? “Le aziende capaci di competere, fare ricerca e innovazione e aprirsi a nuovi mercati, sono quelle destinate a crescere. Ma anche – dice il vicepresidente di Confindustria – sostenere la tracciabilità dei prodotti. Noi, come sistema di valori che rappresentiamo, puntiamo a far arrivare sul mercato prodotti ‘eticamente’ validi, verificando che provengano da imprenditori capaci di fare profitto nel rispetto della normalità. Viceversa, cosa che abbiamo già fatto, facciamo uscire dal sistema chi sceglie strade diverse”.