Confindustria: un piano industriale per la Sicilia

Un tessuto vivo e in crescita, che la crisi ha piegato ma non abbattuto. Un sistema imprenditoriale fatto di piccole e medie aziende ma anche di grandi eccellenze in tutti i settori: dalla StMicroelectronics per i semiconduttori alla Cogip nel campo delle grandi infrastrutture. Un sistema che punta a crescere nonostante le avversità e che ha già dimostrato di poterlo fare.

Di tutto questo è lo specchio Confindustria Catania guidata da Domenico Bonaccorsi di Reburdone. Ieri, alla presenza del presidente nazionale Giorgio Squinzi, ha tenuto la sua 86° assemblea: sono 943 le imprese aderenti all’associazione (con 24.076 addetti) che ne fanno la seconda del Mezzogiorno.

Una sala piena con in prima fila il questore e il prefetto di Catania, i rappresentanti delle istituzioni come l’assessore regionale alle Attività produttive Marco Venturi (imprenditore lui stesso) e di altre associazioni confindustriali come il presidente di Confindustria Agrigento e vicepresidente regionale Giuseppe Catanzaro.

Bonaccorsi di Reburdone elenca con orgoglio i punti di forza dell’associazione, rivendicando una intensa attività al servizio delle imprese ma anche un ruolo di stimolo politico in linea con l’azione svolta da Confindustria Sicilia: al suo fianco Antonello Montante ora presidente regionale oltre che delegato nazionale alla legalità. Ed è Montante a indicare almeno un paio di strade che per la Sicilia è necessario percorrere per consentire la modernizzazione del l’economia: la prima è quella del varo di un grande Piano industriale che punti su quattro macrosettori (dal turismo e beni culturali all’agroalimentare, all’energia, alle infrastrutture).

L’altra strada – dice ringraziando i rappresentanti sindacali in sala, tra cui il segretario regionale della Cisl Maurizio Bernava – è quella dell’accordo tra le parti sociali con i Tavoli di regia già sperimentati nelle varie province siciliane e in particolare a Caltanissetta: «Bisogna valorizzare la collaborazione tra le parti – dice Montante –: sindacati e imprese devono parlarsi per costruire e non farsi guerre inutili. Devono mettersi insieme per trovare ricette valide per lo sviluppo e non per celebrare il funerale delle imprese. L’obiettivo è quello di avere più aziende e più addetti e dunque, oserei dire, più iscritti al sindacato. Insieme si cresce tutti». Il presidente di Confindustria Catania rappresenta le grandi difficoltà in cui si trovano a operare le imprese chiedendo a Squinzi, per esempio, di farsi portavoce per affrontare il nodo delle compensazioni dei crediti con la Pa.

Le difficoltà ci sono e gli imprenditori lo testimoniamo. Bonaccorsi chiama in causa le banche: «Devono avere più coraggio». Montante che invita gli imprenditori a resistere mettendo l’accento sulle differenze sostanziali tra Nord e Sud riprendendo un tema a lui caro: quello della parità di condizioni da creare evitando gli sprechi e i fondi a pioggia.

«Oggi – incalza Montante – nella situazione in cui siamo dobbiamo pensare alla resistenza e Giorgio Squinzi potrà aiutarci, potrà dare un segnale: qui c’è un problema di accesso al credito e di tassi di  interesse molto più alti rispetto ad altre aree del paese, di costi tripli per quelle aziende che si occupano di manifatturiero per i problemi infrastrutturali. In queste condizioni, la competizione con i colleghi di altre aree del paese è più difficile».

Infine ha raccolto e rilanciato il disagio che arriva dalla base imprenditoriale: il nodo è quello dei pagamenti della Pa. «Anche in questo caso – secondo Montante – mentre al Nord le imprese devono aspettare 120 giorni per essere pagate dagli enti pubblici, al Sud sono necessari 12 mesi e oltre. Le banche poi non anticipano i fondi e le aziende vanno in difficoltà». Il presidente di Confindustria ha già chiaro il tema e la sua presenza a Catania a una settimana dall’elezione al vertice degli imprenditori ne è la dimostrazione: «In questo momento – dice – non c’è solo una questione meridionale ma anche una questione settentrionale. C’è una questione di tutto il Paese che ha bisogno di ritrovare la crescita. Ma va detto che i problemi del Mezzogiorno sono i problemi del Paese.  Senza Mezzogiorno l’Italia non ha chance per il futuro. Il Sud è forse più rappresentato che mai nella mia squadra perché oltre ad Alessandro Laterza abbiamo assegnato la delega per l’Education a Ivan Lo Bello. Quindi io personalmente nel Sud ci credo. È una delle risorse del nostro Paese che dobbiamo utilizzare forse meglio di quanto abbiamo fatto finora. Bisogna far ripartire il Mezzogiorno, come tutto il Paese. Se non facciamo qualcosa rischiamo di perdere una o forse due generazioni di giovani: un evento tragico che condannerebbe il Paese a un declino forse lento ma inevitabile».