Corsi d’oro, l’accusa per Genovese: in cinque anni giro d’affari illecito per sei milioni

Associazione per delinquere e riciclaggio. Sono queste le principali accuse per Francantonio Genovese, leader incontrastato del Pd messinese, nipote di Nino Gullotti, potentissimo ministro democristiano morto anni fa, figlio di un ex senatore della Repubblica, azionista della Caronte Tourist, per il quale è stata chiesta l’autorizzazaione all’arresto al Parlamento. Genovese è destinatario di un ordine di custodia cautelare insieme ad altre quattro persone a lui legate da vincoli professionali e politici. Il provvedimento porta la firma del gip del Tribunale di Messina Giovanni Di Marco che ha accolto la richiesta del pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita che ormai da oltre un anno indagano sugli affari illeciti che il deputato messinese avrebbe costruito nel settore della formazione professionale: in cinque anni un giro d’affari illeciti per sei milioni di euro. In questa tornata vi sarebbero anche 25 indagati. Ed è, questa, la seconda puntata di una indagine sul malaffare attorno ai corsi della formazione professionale finanziati dalla Regione siciliana ormai ribattezzata “Corsi d’oro”: l’anno scorso è finita agli arresti domiciliari, tra gli altri, la moglie di Genovese Chiara Schirò.
A Genovese la Procura contesta di essere stato il promotore dell’associazione per delinquere, di aver commesso il reato di riciclaggio per avere intascato, sotto forma di consulenze, oltre 600.000 euro da parte di società del proprio gruppo, parte dei quali erano provento di peculati e frodi alla Regione Siciliana, e di averli poi messi in circolo mediante pagamenti per operazioni inesistenti in modo da non rendere possibile la ricostruzione delle operazioni.  Secondo la tesi dell’accusa il parlamentare del Pd avrebbe anche operato un vorticoso giro di false fatture tra sé stesso e società del gruppo a lui riconducibili per frodare sistematicamente il fisco e non pagare le tasse. La Procura di Messina ritiene che il deputato, per evadere il fisco, si sia avvalso della società Caleservice, trasferendo alla stessa la gran parte del proprio reddito personale e successivamente caricando sui suoi bilanci, come costi societari, tutte le spese personali e della famiglia rendendo così i corrispettivi esenti da tassazione, ed anzi utilizzandoli come costi per aggravare il passivo dell’azienda.
A Genovese è anche contestata la gestione di un immobile di 300 metri quadrati nel quale, secondo l’accusa, coesistevano in affitto a prezzi gonfiati ed a spese della Regione otto diversi enti di formazione che polizia e guardia di finanza ritiene siano riconducibili al deputato e gestiti da prestanomi. Quest’ultimi, è la tesi dei Pm, avrebbero poi preso in affitto tutti contestualmente l’immobile con canoni che lievitavano fino a 10 volte il valore reale. Nel corso delle indagini della Procura di Messina sarebbero emerse complicità per l’erogazione dei finanziamenti con Salvatore La Macchia (arrestato ieri), capo della segreteria particolare dell’ex assessore regionale all’Istruzione ed alla Formazione Mario Centorrino, che secondo gli inquirenti sarebbe stato nominato proprio in ‘quota Genovese. Grazie a intercettazioni e a riprese video sarebbero stati riscontrati legami associativi per la cura degli interessi del gruppo Genovese. In particolare è stato possibile ricostruire l’acquisizione dell’ente di formazione Enfap Palermo, ritenuto dagli investigatori l’anello di congiunzione occulto tra Genovese ed un vero e proprio “sistema”, sottoposto al suo diretto controllo, per la cura di interessi economici e politici attraverso l’impiego di finanziamenti pubblici. Sarebbero state inoltre accertate numerose truffe mediante assunzioni fittizie all’Enfap commesse per occultare l’utilizzo di falsi dipendenti presso la stessa segreteria politica del parlamentare.
Tra le vicende prese in esame nel corso delle indagini anche la questione del ridimensionamento scolastico regionale, in ordine al quale sarebbero emersi rapporti tra Genovese e l’ex senatore Antonio Papania, anche lui del Pd, che non è stato ricandidato alle ultime Politiche, su decisione dei garanti delpartito. Genovese e Papania, tramite pressioni esercitate grazie a La Macchia ai vertici dell’assessorato, avrebbero ottenuto nomine di personale tecnico-amministrativo, ma soprattutto di dirigenti scolastici. L’intento, secondo gli investigatori, sarebbe stato quello di preservare e conservare l’incarico di dirigenza in alcuni plessi scolastici per amici di Genovese, anche ai danni di dirigenti scolastici aventi diritto. Genovese si è sospeso dal Pd e ha diffuso una nota in cui spiega le sue ragioni: «Per comprensibili ragioni di opportunità, non disgiunte dall’alto senso di rispetto che ho sempre avuto nei confronti delle istituzioni, dei colleghi di partito e dei parlamentari tutti, anticipo la mia determinazione ad autosospendermi dal Partito democratico e dal gruppo parlamentare. Al momento, ho avuto contezza solo dei capi di imputazione e non delle
ragioni a sostegno delle accuse mossemi. Sin da ora, tuttavia, anche alla luce di quanto emerso, in questi ultimi mesi, nel corso di un parallelo procedimento penale ed avuto riguardo alla documentazione già depositata agli inquirenti dai miei difensori, sono certo di poter fornire ogni chiarimento utile ad escludere la sussistenza degli addebiti che mi vengono contestati. Ciò farò, con serenità, in ogni sede, non esclusa quella Parlamentare». Gli esponenti del Pd hanno dichiarato che sono pronti a votare l’autorizzazione all’arresto dopo le valutazioni della Giunta per le autorizzazioni.