Corte d’appello di Palermo dichiara non fallita la Calcestruzzo Belìce

La Corte d’Appello di Palermo, accogliendo la tesi dei lavoratori della Calcestruzzi Belìce, dichiara non fallita la società e condanna l’Eni alle spese.

Lo rende noto la parlamentare dei Centristi per la Sicilia all’Assemblea regionale siciliana e sindaco di Montevago (Agrigento), Margherita La Rocca Ruvolo, dopo la sentenza dei magistrati del capoluogo siciliano sul fallimento dell’azienda, che aveva provocato il licenziamento dei lavoratori della società confiscata alla mafia. Lo scorso dicembre, infatti, il tribunale di Sciacca aveva dichiarato fallita l’azienda, per un debito di circa 30mila euro con l’Eni.

“La decisione dovrebbe riportare serenità in tante famiglie. Sono più che contenta  – aggiunge Ruvolo -, ma, soprattutto, sono soddisfatta perché, come ho detto in questi mesi, era stata posta in essere un’ingiustizia gravissima per un debito irrisorio e contratto prima dell’amministrazione giudiziaria, che aveva portato al licenziamento degli 11 lavoratori”.

“Adesso – prosegue la parlamentare – attendiamo fiduciosi le decisioni dell’Agenzia dei beni confiscati. Noi continueremo a vigilare affinché i diritti dei lavoratori vengano salvaguardati e un bene, oggi pubblico, venga adeguatamente valorizzato”. Resta, comunque, la preoccupazione per i posti di lavoro.

“Adesso è prioritario un incontro con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati – conclude il sindaco di Montevago -. Per i lavoratori servono rassicurazioni che al momento non ci sono, lavoratori che sono stati licenziati con lettera fatta recapitare il 10 gennaio 2017”.

“E’ arrivato un pezzo di vittoria! -commenta il deputato Pd Davide Mattiello -. Ho condiviso con la Cgil questa battaglia fin dalla prima assemblea che facemmo a Montevago. Non è finita, ma è il segnale che aspettavamo. C’e’ una politica che non latita e questa politica ora ha il compito di chiudere la riforma del Codice Antimafia che potenzia l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati… Forza, insomma

“La nostra battaglia per il riutilizzo sociale dei beni e delle aziende confiscate in una logica di trasparenza – commenta il dirigente sindacale Cgil Luciano Silvestri, responsabile legalità – riceve da questo episodio ulteriore slancio, e dimostra l’urgenza di una riforma del Codice Antimafia e in primo luogo dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati”.

Per Silvestri “la società civile e il sindacato non possono continuare da soli a fare da supplenza alla politica, su questo fronte latitante, in quanto dopo tre anni di confronto e dopo aver bloccato per un anno la discussione al Senato del testo già approvato alla Camera, non ha ancora varato in via definitiva quel provvedimento”. “Questa sentenza mette a nudo una vicenda a dir poco sconcertante ed evita che, come purtroppo spesso accade, le confische di aziende sane si trasformino in fallimento e in licenziamenti”, sostiene il responsabile Legalità della Cgil nazionale.

“Per questo – conclude – chiederemo immediatamente un incontro al Ministero dell’Interno e alla ANBSC per ripristinare le condizioni operative che la stessa Agenzia aveva inspiegabilmente bloccato”.