Cracolici, non passa la censura. I conti della Sicilia: Crocetta con le spalle al muro

Con 13 voti a favore, 50 contrari e sette astenuti l’Ars ha bocciato la mozione di censura presentata dal Movimento 5 Stelle nei confronti dell’assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici. la mozione è stata votata con voto palese. Dopo il voto sulla mozione, l’aula ha incardinato il «ddl stralcio» che contiene le norme escluse dalla manovra finanziaria, approvata lo scorso febbraio.
Si era aperta con uno scontro tra il M5S e l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, la discussione sulla mozione di censura presentata dai deputati regionali grillini nei confronti dell’assessore per chiederne le dimissioni per la condanna della Corte dei conti a risarcire 340 mila euro, quando era capogruppo del Pd nella scorsa legislatura, nell’ambito dell’indagine sulle cosiddette spese pazze dei gruppi parlamentari.

«Oggi si celebra l’attaccamento alla poltrona. Ci sono dei magistrati che hanno smontato la sua difesa e l’hanno condannata. Una persona condannata da parte di un’istituzione può rappresentare un’istituzione?», ha detto Giorgio Ciaccio, primo firmatario della mozione di censura, intervenendo in aula e rivolgendosi allo stesso Cracolici, seduto fra i banchi del governo a Sala d’Ercole. «C’è chi tende a sminuire, chi dice che è una condanna in primo grado, ma qui c’è una questione etica da valutare: i rappresentanti devono onorare in maniera onesta le istituzioni e non ledere la loro immagine – ha aggiunto Ciaccio – Anche lo Statuto siciliano richiama alla onorabilità delle istituzioni».
«Lei è stato condannato dalla Corte di Conti per una gestione ‘allegra’ di soldi dei siciliani – ha proseguito -. Dalla sentenza leggo che lei ha speso 80 euro per regali, gratifiche, brindisi. Ho letto di 180 mila euro per due contratti di leasing per due auto blu. Ho letto di 5 mila euro per celebrare la giunta Lombardo. Nella sentenza si legge ancora di contributi al partito. Non voglio entrare nel merito, nè stiamo giudicando la sua persona: ma per il bene dell’immagine dell’intero popolo siciliano, chiediamo all’aula di votare a favore della nostra mozione di censura nei confronti dell’onorevole Cracolici».
«Io non ci sto – risponde secco Antonello Cracolici -. Non accetto di essere travolto da un pregiudizio. Non ho mai utilizzato la mia attività per avere un vantaggio personale. Ho sempre vissuto del mio lavoro, non mi sono arricchito, nè ho vissuto al di sopra dei miei mezzi di sostentamento: non una delle spese contestate al gruppo del Pd è riferibile a mia spesa personale».
«Nessuna delle spese contestate riguarda l’assenza di documentazione contabile, anzi, una minuziosa e dettagliata esistenza di fatture e ricevute è stata consegnata il giorno stesso in cui è stata richiesta dalla Guardia di finanza – ha detto l’assessore -. Forse, proprio l’assenza di regole sulla rendicontazione ha creato questo gigantesco vulnus. Io penso che questa sia la più grave colpa di quella Assemblea, che ha considerato il contributo erogato ai gruppi quasi ‘a fondo perduto’, a tal punto che non esistevano fino alla scorsa legislatura norme che disciplinassero la restituzione delle eventuali rimanenze. Quindi, la condanna che abbiamo subito non attiene a ‘spese pazze’: attiene alla interpretazione postuma da parte dei giudici delle spese fatte e approvate dal gruppo e giudicate invece non inerenti dalla Corte. Potete sfiduciarmi – conclude ., quello ci sta fa parte del ‘teatrino della politica’. Ma non potrete mai intaccare il mio onore, quella onorabilità di cui dovrà sempre essere orgogliosa mia figlia e quanti conoscono la mia storia».

CROCETTA KO.  L’Ars mette ko il governo Crocetta e gli impone di tornare a Roma per cancellare il punto 6 dell’accordo del 5 giugno 2014, con il quale la Regione rinunciava agli effetti delle sentenze favorevoli sui contenziosi con lo Stato sollevati innanzi alla Corte costituzionale. Un colpo di spugna per incassare circa 500 milioni di euro. Pochi e subito, si disse allora. Troppo pochi per gli autonomisti del Mpa secondo cui la Sicilia ha in questo modo rinunciato a 5 miliardi, e che per questo hanno presentato la mozione che ha incassato un consenso trasversale. Il testo, infatti, e’ stato approvato con 37 voti favorevoli e 31 contrari. Principale sponsor Toti Lombardo, il figlio dell’ex governatore Raffaele: “Oggi e’ una giornata storica per il parlamento siciliano e per il popolo che rappresenta. Il governo Crocetta e la sua maggioranza trasformista a guida Pd escono sconfitti e dovranno ora tornare a Roma per cancellare un accordo che aveva calpestato 60 anni di autonomia”.

MINI MANOVRA. La commissione Bilancio dell’Ars ha approvato la manovra di assestamento. Il testo non contempla gli emendamenti aggiuntivi trasmessi dalle commissioni di merito, poiché per questi è stato deciso che si procederà con disegni di legge.
L’unico emendamento inserito in questa mini-finanziaria riguarda lo stanziamento di 30 mila euro per la commissione sul lavoro nero, proposto da Nino Dina e approvato col voto contrario del M5s.

Sempre col “no” dei grillini, la commissione ha approvato anche una risoluzione con la quale si chiede al governo di salvare Sviluppo Sicilia, che ha chiuso gli ultimi bilanci in perdita e per la quale si prospetta la chiusura.

Approvata anche una risoluzione che impegna il governo a salvaguardare i dipendenti del Cerisdi in liquidazione, ma è polemica sul “no” della commissione Bilancio all’emendamento per il finanziamento alle scuole paritarie materne. A porre la questione è il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone: «Considero un errore la decisione della maggioranza della commissione Bilancio di non trattare l’emendamento per il finanziamento alle scuole paritarie materne sul presupposto che le stesse percepiscono già un contributo nazionale. Purtroppo quando argomenti delicati e complessi vengono trattati con sufficienza e pressappochismo, i risultati sono disastrosi. Il contributo dello Stato alla Sicilia è di circa 10 mila euro per ogni sezione quando nel resto del Paese raggiunge anche i 19 mila euro. Una differenza di trattamento che dovrebbe essere colmata dalla Regione, che anziché aiutare, affossa chi svolge in maniera paritaria un importante servizio pubblico».

COMUNI SICILIANI VERSO IL DEFAULT COLLETTIVO.  Nel 2015, il taglio dei trasferimenti sui Comuni italiani supera la soglia dei 2 miliardi di euro con una riduzione pari al 19,5% rispetto al 2012. I Comuni, per far fronte a questo mancato gettito, hanno aumentato le tasse locali portandola pressione fiscale sui cittadini a nuovi livelli record. Ciascun cittadino ha versato mediamente nelle casse degli oltre ottomila comuni italiani circa 611 euro per coprire le scadenze legate alle imposte e ai tributi locali.

Nonostante questo aumento di pressione fiscale i Comuni rischiano un ‘default collettivo’ e quelli siciliani sembrano essere i più in difficoltà in assoluto.

“Siamo sull’orlo di un default collettivo locale – dice il presidente dell’Istituto Demoskopika che ha curato l’analisi tecnica che ha dato vita al ‘borsino dei comuni italiani’, Raffaele Rio – con vittime predestinate cittadini, sindaci e imprese. E come se i sindaci avessero una disponibilità ridotta di sei milioni di euro al giorno per amministrare.La situazione finanziaria e contabile all’interno dei palazzi di città rischia di alimentare una situazione già allarmante”.

Il rischio concreto è quello dell’azzeramento dei servizi ai cittadini oltre che del ‘fallimento’ degli operatori sociali che lavorano per i comuni fornendo servizi alla cittadinanza. Con 8,4 miliardi di euro, lievitano, infatti, del 31,8% le spese per lo smaltimento dei rifiuti mentre restano ferme al palo le spese destinate ai servizi alle famiglie, alle imprese e alle associazioni e cooperative che spesso forniscono anche servizi sociali che subiscono un riduzione quantificabile in 13,3 milioni di euro, stabilizzandosi sulla soglia dei 3 miliardi di euro.

la situazione siciliana è perfino più grave secondo il Presidente dell’Anci Sicilia Leoluca Orlando “Assistiamo a una sistematica mortificazione dei Comuni che in Sicilia è aggravata da una crisi finanziaria senza precedenti e dalla mancanza di liquidità di cassa della Regione che attraverso i Comuni produce dissesti a ripetizione e penalizza i cittadini”.

“Si tratta – continua Orlando – di un quadro evolutivo “al ribasso”, che denunciamo da anni, che ha costretto sindaci ed amministratori locali ad aumentare la pressione tributaria e a tagliare i servizi essenziali a danno dei cittadini, impoverendo sempre più le nostre comunità”.

“È una situazione di emergenza della quale siamo consapevoli – conclude Orlando – e della quale rispondiamo solo noi amministratore in quanto siamo gli unici “metterci la faccia” nei confronti dei nostri concittadini, troppo spesso vittime inconsapevoli immolate all’altare della ‘spending review’ e di tagli tanto pesanti quanto indiscriminati”.