Crimaldi (Aiop Caltanissetta): promossa la riforma della sanità, ma adesso si pensi alla mobilità passiva

francesco crimaldi

«Il sistema sanitario siciliano è in mani sicure». Così Francesco Crimaldi, presidente dell’Aiop di Caltanissetta (l’associazione che riunisce gli ospedali privati) commenta la notizia che il governo ha assegnato alla Regione siciliana 500 milioni di fondi per la sanità.

«Dopo anni di sacrifici, la “cura” del piano di rientro funziona e consente alla nostra regione di ottenere un considerevole riconoscimento da parte del governo italiano. Fino a pochi anni fa la sanità generava un deficit di centinaia di milioni di euro ogni anno, appesantiva il bilancio, frenava lo sviluppo; i governi del passato facevano della salute pubblica “merce di scambio”, creando instabilità finanziaria e scaricando su imprese e cittadini l’insostenibile peso di una voragine di debiti. Oggi siamo lontani da quell’abisso, grazie all’operato dell’assessore Borsellino ed alla volontà di risanamento del presidente Crocetta. Tutto ciò è avvenuto senza che il diritto alla salute dei siciliani sia stato compresso o violato”.

Quindi la cura alla quale è stata sottoposta la sanità siciliana ha funzionato?

«Sì, e ha funzionato senza ulteriore aumento della fiscalità (perché l’Irap è già ai massimi da 7 anni) e senza compromettere la funzionalità del sistema e gli standard qualitativi. L’assessore Borsellino, che prima era la responsabile del piano di rientro, ha fatto tutto ciò in un contesto politico che l’ha aiutata e i risultati sono stati notevoli: si è rientrati dal debito, si è potuto approvare il bilancio della regione e, soprattutto, si è dato respiro alle aziende, senza fare manovre lacrime e sangue».

In questo contesto quale è stato il ruolo dell’ospedalità privata?

«Il privato ha sicuramente dato il contributo maggiore con la riduzione dell’allocazione della spesa. Prima della “cura Russo-Borsellino” la spesa per l’ospedalità privata da parte della Regione era di 440 milioni di euro adesso è di 370».

Come si riusciti a contrarre questa spesa?

«È stato abolito l’extrabudget ed è stato introdotto il principio della non valicabilità: cioè il limite di spesa previsto non deve essere superato. Prima invece veniva superato e la spesa ulteriore veniva ripianata con il deficit. Insomma, si ballava sul Titanic e il Titanic erano i mutui che la Regione stipulava per ripianare i debiti. Inoltre è stato effettuato un controllo delle prestazioni e si è arginato il fenomeno dell’utilizzo a volte opportunistico a volte inappropriato delle strutture ospedaliere».

Cioè?

«Sono state spostate molte prestazioni dall’ospedale all’ambulatorio con la conseguente riduzione dei costi».

Può fare qualche esempio?

«Ad esempio prima un’operazione di ernia veniva eseguita con un ricovero breve e costava alla Regione 1.400 euro. Adesso l’intervento viene eseguito con le stesse modalità e gli stessi standard ma in day hospital e il costo per le casse regionali è di 750 euro. Insomma, la grande riforma è stata prima finanziaria e poi organizzativa. Non a caso il sistema è stabile anche in un periodo critico come questo».

Insomma, la riforma è promossa.

«C’è di più: se ogni settore della Regione – penso per esempio alla formazione – avesse subito la stessa terapia, adesso alla Regione si parlerebbe di avanzo di bilancio e non di deficit. E nonostante quello che è stato detto dalla propaganda il livello qualitativo della sanità siciliana non si è abbassato, gli standard non sono stati compromessi e lo dicono i numeri e le statistiche oggettive».

Adesso va tutto bene? Non c’è più nulla da fare?

«Di sicuro va affrontato un altro grande problema: quello della mobilità passiva. Fermare i viaggi fuori dalla regione per eseguire interventi a volte banali. Questo si può fare potenziando le strutture regionali. È un’operazione a costo zero: per esempio la Regione spende ogni anno 85 milioni di euro per le prestazione di medio livello in ortopedia. Basterebbe utilizzare queste risorse per potenziare le strutture di chirurgia ortopedica siciliane e si potrebbe fermare la mobilità passiva. Un passo che si dovrebbe compiere è ad esempio quello di creare un grande polo della neurochirurgia. Insomma, la mobilità passiva ha grandi costi finanziari (per la Regione) e sociali (per chi compie il viaggio per farsi operare fuori): occorre mettere in campo tutti gli strumenti finanziari ed organizzativi per fare strutture di eccellenza anche in Sicilia».

Salvo Butera