Crollo del viadotto Himera sulla A19, sempre più incerti i tempi dei lavori: tre anni?

“Tempi incerti e preoccupanti per la costruzione della bretella che dovrebbe bypassare il viadotto Himera, crollato a causa di una frana lo scorso 10 aprile. Secondo i tecnici, se tutto andasse regolarmente, servirebbero almeno 3 anni affinchè la nuova infrastruttura veda alla luce, tra redazione del progetto, gara d’appalto e realizzazione dell’opera. Tempo che la Sicilia, a causa della sua già fragile economia, non ha. Chiediamo a Crocetta di rivalutare la possibilità di utilizzare il viadotto rimasto in piedi in doppio senso di marcia, ciò permetterebbe ai pendolari, agli autotrasportatori, di continuare a lavorare sopportando limitati disagi”. Lo dichiara l’on. Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars.

Non c’è infatti ancora una data per l’inizio dei lavori di costruzione della bretella che servirà a collegare i due tronconi dell’autostrada A19 interrotti dal cedimento, avvenuto il 10 aprile scorso, di alcuni piloni del viadotto Himera. Per aprire i cantieri (anche quello che dovrà demilire il viadotto e ricostruirlo) si era detto che bastava la dichiarazione di stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri, provvedimento arrivato lunedì, per consentire all’Anas di appaltare i lavori in 20 giorni, contro i circa 120 della procedura ordinaria; ma serve anche un’intesa tra governi nazionale e regionale per la nomina di un commissario. Ma l’intesa non sarebbe stata ancora raggiunta.

GLI INGEGNERI.  Su quali basi, dopo la frana che il 10 aprile ha causato il cedimento di un viadotto della A19 in direzione Catania, è stata subito data per scontata la necessità di realizzare una “bretella” demolendo anche il corrispondente viadotto in direzione Palermo? E perché non verificare attraverso un’accurata indagine tecnica la possibilità di utilizzarlo provvisoriamente per uno scambio di carreggiata con transito a doppio senso, limitando così il protrarsi dei disagi e dei danni che l’interruzione della A19 ha causato all’economia siciliana?

Sono gli interrogativi posti dal presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Palermo, Giovanni Margiotta, in una lettera inviata, fra gli altri, al ministro per le Infrastrutture, al presidente della Regione siciliana e all’assessore per le infrastrutture, alla Protezione civile regionale, all’Anas, alle competenti commissioni parlamentari del Senato, della Camera dei Deputati e dell’Ars, ai sindaci dei comuni interessati e agli enti rappresentativi delle professioni tecniche.

“La sollecitudine del Governo nazionale nell’attivarsi e la dichiarazione dello stato d’emergenza sono fatti da accogliere in modo certamente positivo – afferma Margiotta – ma non si può non osservare che la scelta di effettuare demolizioni in tutti e due i viadotti è stata annunciata in assenza di qualsiasi indagine tecnica diretta o indiretta e che, ad oggi, non risultano effettuati accertamenti né sulla profondità di scorrimento della frana né sulle strutture della carreggiata Catania-Palermo. Non risulta documentato, cioè, se e in che modo il dissesto abbia eventualmente coinvolto le fondazioni e la struttura del viadotto in direzione Palermo. L’unico dato certo è che il l’impalcato direttamente danneggiato dalla frana si è appoggiato a quello adiacente provocandone uno spostamento laterale di soli nove centimetri”.

“Se il viadotto in direzione Palermo risultasse utilizzabile in sicurezza, magari con opere a presidio dei piloni e con monitoraggio permanente – prosegue Margiotta – anche grazie allo stato di emergenza si potrebbe ripristinare la continuità della A19 in tempi più rapidi che non creando unnuovo by-pass stradale, peraltro da realizzare in parte su terreni dello stesso versante interessati da una paleofrana e, quindi, con la probabilità, che nel medio-breve periodo anche il tracciato alternativo subisca analoghi fenomeni di dissesto”.

“Il territorio interessato dal dissesto è molto vasto – conclude il presidente dell’Ordine degli ingegneri – e le indagini andrebbero estese all’intero alveo dell’Imera settentrionale compreso tra Scillato e Tremonzelli. In ogni caso, prima che si proceda a demolire anche la carreggiata Catania-Palermo, occorrerebbe documentare l’impossibilità del suo recupero sulla base di dati tecnici incontrovertibili, anche perché l’abbattimento di entrambi i viadotti e la successiva costruzione della “bretella” avrebbero tempi pur sempre troppo lunghi, malgrado i poteri emergenziali. Il rischio, in caso contrario, è che la Sicilia rimanga divisa in due ancora a lungo, con danni gravissimi per l’economia”.