Debiti della PA, in Sicilia 350 ragionieri dei Comuni rischiano di finire indagati

Le lettere sono già pronte e saranno inviate la prossima settimana: destinatari, nel caso dei comuni, i segretari generali. Le aziende scendono in campo per ottenere intanto la certificazione del credito vantato nei confronti delle Pubbliche amministrazioni e poi per incassare e mettono in moro che è chiamato a rispettare gli adempimenti. I tempi sono stretti ma non abbastanza da impedire che tutto venga fatto a regola d’arte e che possa essere portata a termine un’operazione cui il presidente dela Consiglio Matteo Renzi crede molto: la certificazione del debito deve avvenire da parte del dirigente generale (nel caso dei Comuni i segretari generali) entro il 30 aprile. Pena l’esclusione delle imprese dal pagamento programmato.

Il ddl del governo
La soluzione, del resto, è a portata di mano ed è indicata chiaramente del disegno di legge varato dal Governo il 12 marzo che prevede una triangolazione con il sistema bancario (che ha già dato l’assenso all’operazione) e la Cassa depositi e prestiti il cui presidente, Franco Bassanini, ha stimato che entro un mese dall’entrata in vigore della norma possano essere pagati i debiti di parte corrente che, ha ribadito, «non vengono contabilizzati nel patto di stabilità interno. C’è una ragione per farlo: poiché il patto di stabilità interno serve a rispettare il patto di stabilità europeo e poiché l’Europa ha già contabilizzato quei debiti, non ha nessun senso contabilizzarli di nuovo. Ma bisogna anche stabilire in modo inequivocabile, prevedendo sanzioni serie per i funzionari che non lo faranno, che di fronte alla presentazione di una fattura l’amministrazione ha solo tre possibilità: pagarla; certificarla, se la fattura è stata certificata la non ha i soldi per pagare subito la fattura; contestarla se la prestazione non è stata effettuata o non era in linea con il contratto. Metterla nel cassetto non deve essere più un’opzione. Così come c’è una responsabilità penale per chi paga fatture per lavori non eseguiti o le paga due volte, ci deve essere una responsabilità anche per l’inerzia».

La certificazione passaggio fondamentale
Il punto, oggi, è proprio quello della certificazione che può e deve avvenire, come previsto dal comma 4-bis dell’articolo 7 del decreto legge 35/2013 poi convertito con la legge 64/2013 entro il 30 aprile attraverso la piattaforma informatica per la certificazione dei crediti (http://certificazionecrediti.mef.gov.it/CertificazioneCredito/home.xhtml) anche perché il secondo comma dell’articolo 7 prevede già alcune sanzioni per chi non rispetta i tempi: «La mancata registrazione sulla piattaforma elettronica – recita la norma – entro il termine di cui al comma 1 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. I dirigenti responsabili sono assoggettati, altresì, ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma elettronica».

Un punto importante quello del rispetto dei tempi considerato che la certificazione ha incontrato parecchie resistenze soprattutto nelle amministrazioni del Sud e che potrebbe esporre i dirigenti degli enti (i segretari generali e i dirigenti di ragioneria) a sanzioni ben più pesanti. E proprio questo passaggio è, secondo le banche, il punto debole di tutto l’ingranaggio che dovrebbe portare nuova liquidità nel sistema economico (grazie al fondo di garanzia della Cassa depositi e prestiti) e liberare gli enti dall’arretrato che, in ogni caso, appesantisce il bilancio visto che, secondo il ragionamento fatto da Bassanini: «Le operazioni in conto capitale sono contabilizzate per cassa, dunque quando vengono pagate, sia dall’Europa che dal Patto di stabilità interno. Le partite correnti sono invece contabilizzate dal Patto di stabilità interno per cassa e dall’Europa per competenza, il che vuol dire che l’Europa considera l’uscita al momento in cui si ordina la spesa e non nel momento in cui la si paga».

Le sanzioni possibili
Non avviare la procedura, che peraltro aiuterebbe quegli enti locali a corto di risorse a pagare il comode rate grazie all’intervento della Cassa depositi e prestiti, metterebbe certo in difficoltà il Paese nei confronti dell’Europa: difficile dire al momento quanto degli 80 miliardi stimati siano da attribuire alle amministrazioni della parte meno efficiente del Paese, ma di sicuro non è una parte irrilevante. Che vi possano essere profili di responsabilità per chi è chiamato a decidere e ad adempiere lo si evince anche dalla missiva che i singoli imprenditori si accingono a inviare: «In attuazione delle disposizioni, al fine di assicurare l’adempimento di legge, si chiede al signor segretario generale, di volere comunicare il dirigente competente per l’adempimento di cui si discute (la certificazione ndr) nonché di vigilare, anche nell’interesse dell’ente, sulla puntuale applicazione delle previsioni di cui alla disposizione in oggetto. Si attira la sua attenzione in ordine alla necessità di verificare se nelle procedure di liquidazione i competenti dirigenti procedono secondo l’ordine cronologico di arrivo delle fatture da parte dei singoli creditori». Il richiamo all’interesse dell’ente e alla vigilanza sull’ordine cronologico rimanda a un’altra normativa che, quando si tratta di pagamenti e di gestione di fondi da parte della pubblica amministrazione, entra automaticamente in gioco: il codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Ovvio ritenere, a questo punto, che vi sia il rischio concreto che, per quanto la riguarda la Sicilia, oltre 350 dirigenti degli enti locali possano finire nel mirino della magistratura per violazione di varie norme e che all’azione della magistratura ordinaria si aggiunga quella della magistratura contabile pronta a quantificare il danno per l’ente causato da un atto omissivo (come la mancata registrazione del credito nella piattaforma del ministero) che pregiudica il pagamento all’impresa ma non ne annulla il diritto, esponendo l’ente al pagamento degli interessi delle spese giudiziarie. Oltre alle sanzioni di natura disciplinare che a quel punto diventerebbero obbligatorie.

dal Sole24ore.com