Elezioni in Sicilia, la grande paura dei democratici: Pd al 17%, Movimento Cinque Stelle al 34%

Elezioni in Sicilia, la grande paura dei democratici. Il Pd è al 17% , il Movimento Cinque Stelle al 34%. E quindi sfiduciare o no Rosario Crocetta, per il Pd è un ben dilemma. Ma al di là del caso di Lucia Borsellino, dell’antimafia di facciata, dei valori richiamati in questi giorni, ai piani alti del Pd palermitano è un altro il ragionamento che conta. Innanzitutto, se si va a votare, i deputati regionali eletti saranno 70 (risparmio per i cittadini: sei milioni di euro l’anno) e non più 90. Per la casta politica siciliana, l’unica che attribuisce al consigliere regionale il titolo di “onorevole”, è un colpo al cuore. Ma, soprattutto, c’è un foglietto che gira in questi giorni. Un sondaggio commissariato in fretta e furia dal Pd nazionale: se si votasse a Ottobre, il Pd siciliano prenderebbe intorno al 17%. E il Movimento Cinque Stelle avrebbe il 34%. Andare al voto significherebbe dunque consegnare la Sicilia ai grillini, dicono quelli del Pd, che però sono divisi in due fazioni, tanto per cambiare: perché se da un lato c’è chi sostiene che è meglio non andare a votare per non perdere la Sicilia, dalla segreteria di Matteo Renzi si fa un altro ragionamento: meglio andare a votare subito, perché il Pd può ancora vincere con una coalizione larga, che metta dentro anche il Nuovo Centro Destra di Alfano, insieme allo stesso Megafono di Crocetta (ecco perchè bisogna evitare il gioco a massacro con il governatore, la sua lista civica è sempre data al 4 – 6% nell’isola), e che riesca  a prendere anche il 38 – 40% dei voti, contando sull’isolamento dei grillini, che non fanno alleanze, e su frane varie a destra in Forza Italia e nei piccoli partiti di sinistra. Se vi va invece ancora avanti, e magari a Settembre c’è un altro scandalo, o i conti della Sicilia vanno davvero in malora, la distanza con i grillini potrebbe essere incolmabile.

Crocetta, dunque, domani alle 12, renderà le sue dichiarazioni all’Ars. Al dibattito dovrebbero intervenire solo i capigruppo. All’Ars già ci si prepara a varare una serie di riforme per salvare la faccia in vista dell’exit strategy. La sessione estiva è stata allungata  fino al 12 agosto; sono stati accorciati  i tempi delle ferie e u deputati ritornano nel Palazzo il 2 settembre. Ci sono subito due provvedimenti di estrema urgenza da votare: la riforma delle Province, entro il 31 Luglio, e quella del sistema idrico. Le dimissioni di Ferrandelli, intanto,li sono state respinte dall’Ars a scrutinio segreto. Ma lo stesso immediatamente le ha ribadite, oggi l’Ars non potrà che prenderne atto.