Esami falsi all'Università di Palermo, lauree vendute dal 2007 al 2010

Esami falsi all’Università di Palermo, l’Ateneo ha revocato le prime lauree. All’esame degli uffici amministrativi dell’Ateneo sono una quarantina di lauree fondate su esami mai conseguiti, venti segnalate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal sostituto Amelia Luise, altre individuate dall’Università dopo un’indagine interna.

Alcune materie sarebbero state conseguite solo sulla carta, grazie al provvidenziale intervento dell’allora responsabile della segreteria della facoltà di Economia, Adriana Paola Cardella, che dopo l’indagine della squadra mobile è stata licenziata.

Tutto ebbe inizio da una lite fra uno studente e un funzionario dell’università sedata a fatica da una volante. Mesi dopo, Paola Cardella confessò ai suoi superiori l’imbroglio e andò in pensione. Lei confessa la responsabilità solo di pochi casi e così nel mirino finiscono altri impiegati della segreteria di Economia, Rosalba Volpicelli e Ignazio Giulietto. Con loro sono a giudizio venti studenti.

Ma l’inchiesta non ha tolto il coperchio a tutto il sistema. Restano da identificare altri responsabili il cui ruolo è emerso durante l’inchiesta ma non i nomi.

Nel mirino non ci sono soltanto lauree in Economia, ma anche in Architettura e in Ingegneria. Perché fra il 2007 e il 2010 c’era un vero e proprio racket degli esami.

Dice il rettore Fabrizio Micari: “Faremo pulizia, ma con molta attenzione”.

Scrive La Repubblica:

La faccenda è parecchio delicata. Chi ha conseguito quelle lauree ha oggi un posto di lavoro, nel settore pubblico o nel privato. L’annullamento, per alcuni esami superati illegalmente, ha effetti pesantissimi: la cancellazione dell’iscrizione a un ordine professionale, la perdita di un posto di lavoro. L’Università consente una via d’uscita per sanare l’illecito. Una nuova iscrizione in facoltà, per conseguire in maniera regolare le materie contestate. 

CATANIA. Ma Palermo non è un caso isolato.  Lo scorso Aprile sono stati condannati e radiati dall’università i due dipendenti della facoltà di Medicina e chirurgia di Catania accusati di avere provocato lo scandalo sulle lauree facili. Pene esemplari per Giovanbattista Luigi Caruso e Giuseppe Sessa, i due dipendenti infedeli condannati rispettivamente a sei anni e 8 mesi e 5 anni e 8 mesi dal gup di Catania Alessandro Ricciardolo che li ha giudicati col rito abbreviato per falso in atto pubblico, corruzione. Assolti perché il fatto non sussiste dal reato di accesso abusivo a sistema informatico. Il Gup ha anche dichiarato i due interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e dichiarato estinto il rapporto di impiego con l’università.

L’inchiesta è scaturita da un’indagine dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania tra il mese di ottobre ed il mese di dicembre del 2013. In quel frangente Caruso e Sessa vennero arrestati. Si accertò, in seguito ad alcune notizie di stampa che vi sarebbe stata una compravendita di materie all’università falsificando la documentazione universitaria e inserendo fraudolentemente nell’archivio informatico dell’Ateneo la registrazione di materie di cui non era mai stato sostenuto il relativo esame (accertando la avvenuta registrazione di 20 esami complessivi, 19 per uno studente ed 1 per l’altro, di fatto mai effettuati, in cambio di somme di denaro e altre utilità e consentendo ad uno degli studenti di conseguire la laurea in medicina e dunque il possibile accesso alla professione medica).

CATANZARO. A Catanzaro sono imputate al momento 60 persone  indagate nell’ambito dell’inchiesta “Centodieci e lode” che punta a far luce sui presunti falsi esami sostenuti all’Università della Calabria. L’inchiesta ha preso il via dalla denuncia dell’allora rettore dell’ateneo, Giovanni Latorre, dopo che un docente della facoltà di Lettere aveva disconosciuto una sua firma sullo statino di uno studente.  Da lì, gli inquirenti avevano scoperto un vero e proprio sistema che, tra il 2004 e il 2011, avrebbe portato i laureandi a superare gli esami senza effettivamente sostenerli. Al termine delle indagini, grazie alla collaborazione di alcuni indagati e alle prove documentali raccolte, si è arrivati a ipotizzare i reati di falso ideologico e materiale oltre che di accesso abusivo al sistema informatico.