Estorsioni, l’Asaec: la denuncia dovere civico, lo Stato non è un bancomat

CATANIA – «La legge antiestorsione, fortemente voluta dalle associazioni antiracket, ha dato prova di essere uno straordinario strumento normativo, ha contribuito alla crescita della coscienza civile, ha generato e promosso nuovi modelli culturali. L’obiettivo che le leggi 44/99 e 108/96 perseguono è duplice: da un lato incentivano la vittima a denunciare e dall’altro la premiano con un congruo ristoro economico». Lo dichiara l’Asaec, l’Associazione antiestorsione di Catania, in merito alle due leggi «che pongono condizioni rigorose e chiare sia per l’accesso all’elargizione sia per la sua effettiva destinazione d’uso, ovvero le attività economiche di tipo imprenditoriale. L’elargizione consiste in un contributo erogato per motivi di solidarietà sociale, specificatamente destinato alla ripresa dell’attività economica e, più in generale, alla ricostituzione dell’economia legale. Tuttavia – spiegano i soci – è invalsa ormai la cattiva abitudine, da parte di certe vittime, di considerare il beneficio economico alla stregua di un bancomat a cui accedere ogni qualvolta i finanziamenti erogati si esauriscono. Da qui la continua richiesta di revisione degli importi erogati e le conseguenti esternazioni nel “sentirsi abbandonati dallo Stato”. Esternazioni che purtroppo vengono enfatizzate dai mass media, generando danni gravissimi all’immagine del movimento antiracket e all’efficienza delle Istituzioni».

È necessario dunque chiarire che «la denuncia è un dovere civico – sottolinea l’Asaec – e lo spirito premiale della normativa non può e non deve essere inteso come una sorta di sostentamento sine die da destinare ad imprese che spesso sono in difficoltà per altre ragioni.
Da sempre il pagamento del pizzo nelle regioni meridionali, oggi anche nel Nord Italia, viene considerato come una sorta di assicurazione contro le rapine, i danneggiamenti e gli incendi. In molti altri casi viene utilizzato dall’imprenditore come un lasciapassare che gli permette di entrare in un certo giro d’affari. Si è invece ridotto il numero di imprenditori che pagano per paura di ritorsione. Non condividiamo l’idea che l’estorsione sia diminuita ma confermiamo che il reato si è modificato, per esempio, con l’imposizione di mezzi e servizi».

Proprio per questo motivo è diventato più invasivo, più sfuggente e più difficile da far emergere: «Tutt’oggi l’estorsione e l’usura conservano la funzione di finanziamento delle mafie e soprattutto garantiscono il controllo del territorio». L’Asaec torna a ribadire che le associazioni antiracket hanno il compito di diffondere la fiducia nelle Istituzioni e di costruire mediante comportamenti credibili, affidabili e coerenti, una nuova cultura imprenditoriale. Mentre il vero e proprio contrasto non può che essere demandato alle Forze dell’Ordine ed alla Magistratura. «A tal proposito l’Asaec – concludono i soci – auspica che invece di finanziare le Associazioni Antiracket, lo Stato proceda con il potenziamento delle Forze dell’Ordine dotandole di strumenti adeguati al contrasto dei reati in questione. Infine intende porre l’accento sugli irrimediabili danni provocati dai comportamenti di certi personaggi, che sono finalizzati all’interesse personale, alla carriera, alla notorietà piuttosto che ai veri scopi delle associazioni e cioè alla promozione della legalità. Condividiamo e avalliamo i criteri di rigore fin qui adottati dalla Prefettura di Catania con la certezza che l’intransigenza possa scongiurare i rischi di infondate richieste di ristoro e di speculazioni della legge 44/99. Rigore che tuttavia deve essere sempre coniugato alla celerità dell’iter amministrativo».