Finanziaria, Roma boccia i conti della Sicilia. Crocetta ancora all’attacco di Faraone

 Il governo Renzi  si muove per impugnare la Finanziaria e il bilancio approvati in Sicilia con una lettera di cinque pagine inviata nei giorni scorsi dalla Ragioneria generale dello Stato alla Regione e all’Ars. Si apre ora una fase di confronto che terminerà entro il 15 luglio, termine entro il quale Roma deve prendere una decisione.

Nella lettera la Ragioneria generale dello Stato chiede chiarimenti su tutta l’impalcatura della manovra messa a punto dall’assessore all’Economia, Alessandro Baccei. In particolare da Roma esprimono dubbi sull’utilizzo di due poste di bilancio che hanno permesso di arrivare al pareggio dei conti: la prima sono i circa 600 milioni del Fondo sviluppo e coesione che la Regione ha utilizzato per coprire una parte del debito con lo Stato, la seconda sono i 300 milioni che sono stati inseriti fra le entrate e che dovrebbero arrivare da Roma come restituzione di tributi maturati in Sicilia ma incassati da altre Regioni. Somme che infatti non sono ancora arrivate: un problema per le finanze regionali. Altre contestazioni riguardano norme specifiche, come quella che ha introdotto i prepensionamenti estendendoli fino al 2020: una data che si discosta da quella prevista a livello nazionale. Dubbi pure sulla possibilità di assumere per sostituire i prepensionati. E non a caso su queste ultime due norme il governo regionale ha già approvato in giunta altrettante correzioni che sono state subito spedite all’Ars per l’approvazione.

Nel caso delle poste di bilancio che Roma contesta è invece in corso una fase di «trattativa». La Ragioneria della Regione, guidata da Salvatore Sammartano, sta preparando le controdeduzioni. E mercoledì è già fissato al ministero dell’ Economia un confronto da cui il governo regionale si attende molto.
È una situazione analoga a quella che si è creata a gennaio, quando altri rilievi furono mossi all’ esercizio provvisorio. Si rischiò la prima storica impugnativa del bilancio ma poi il buon feeling fra Baccei, Faraone e l’ allora sottosegretario Graziano Delrio ha evitato il peggio. Grazie anche agli impegni che la Regione ha assunto e che dovevano essere mantenuti con la Finanziaria e con i passaggi successivi: alcuni dei quali falliti (come i tagli ai sindaci), altri rinviati (la riforma delle Province).

Anche per questo motivo Crocetta durante il vertice con gli alleati, venerdì, ha illustrato una doppia strategia. Da un lato la nomina di Giovanni Pistorio ad assessore alla Funzione pubblica e agli enti locali gli permette di gestire «politicamente» la delicata fase della riforma delle Province e poi del rinnovo del contratto dei regionali: «La riforma dei liberi consorzi di Comuni – ha detto Crocetta – deve salvaguardare i dipendenti e valorizzare l’ autonomia degli enti locali. Inoltre il governo ritiene fondamentale la ripresa del dialogo con i dipendenti regionali che non possono pagare il prezzo dell’ assenza di risorse e delle politiche dirigo re, che vanno concentrate sulla lotta agli sprechi salvando lo stato sociale». Crocetta ha avvertito che «anche la riorganizzazione delle società partecipate dovrà portare a un reinserimento dei lavoratori». Il presidente ha infine annunciato l’ avvio del processo di stabilizzazione dei precari che «non possono dipendere da leggi annuali di salvataggio».
Sono tutti segnali di una presa di distanze di Palazzo d’ Orleans dall’ assessore all’ Economia, che non può condividere un programma simile. Un gelo manifestato da Crocetta anche ai partiti alleati. Che a loro volta non hanno difeso l’ assessore venuto da Roma nè lo hanno apertamente scaricato: è un problema di rapporti fra Crocetta e Renzi, la sintesi delle posizioni emerse venerdì al vertice.

SCONTRO CROCETTA – FARAONE.  «Sono veramente esterrefatto dei toni anti istituzionali che il sottosegretario Faraone continua ad usare nei confronti della Regione Siciliana. Regione, ricordo, che ha una sua autonomia e ha degli organismi eletti dai cittadini. Vorrei ricordargli che la sua posizione di “nominato” mal si addice al ruolo che continua a pretendere per se, ammiccando, neppure celatamente, che, se Crocetta non si allinea, Roma chiude i rubinetti. Così, leggero come una piuma, puro siccome un angelo, continua a dire che Roma nel 2016 aiuterà la Sicilia, non comprendendo neppure di cosa parla e soprattutto a nome di chi parla. Che bravo ragazzo, un picciotto veramente in gamba».

E’ lo sfogo – affidato al suo profilo Facebook – del presidente della Regione, Rosario Crocetta, contro le parole del sottoegretario Davide Faraone che  aveva accusato il governo regionale di non essere un interlocutore credibile per quello nazionale. «Il governo nazionale – aveva detto Faraone – sta prevedendo interventi di risanamento per il bilancio della Sicilia, un intervento sui rifiuti, perchè si creino le condizioni affinchè non ci siano solo discariche ma impianti moderni, e sulle infrastrutture, con 60 milioni di euro destinati sia al recupero del viadotto che alle strade provinciali. Ma serve che la Regione faccia la sua parte».   La risposta di Crocetta è arrivata in un lungo post su Facebook, dove il governatore scrive fra l’altro: «La ricetta di Faraone per la Sicilia? “L’anno prossimo il governo darà i soldi”. A nome di quale governo parla? Quello della sua personale corrente? È così “grande” Faraone che ha anticipato la manovra finanziaria del 2016? Credo che tra un pò lo nomineranno governatore della Banca d’Italia».

E ancora: «Richiami in causa sempre, caro Davide, Baccei! Tu che c’entri con Baccei? Tanto più parli, più si comprende l’immensa luce che emana la tua aureola». «Se Faraone non ci fosse, bisognerebbe inventarlo», sottolinea ironicamente Crocetta, «avremo modo di apprezzarti, siamo sicuri che riuscirai a rottamare persino Renzi, che dalle tue dichiarazioni sicuramente non trae vantaggio». «Ti chiamerò ogni mattina per chiederti la linea di governo. E alla sera farò un punto col tuo segretario, che anche lui sarà chiamato a fare un comunicato contro di me, per dire se ho fatto bene nel corso della mia giornata».

Nella disputa si tuffa anche il presidente nazionale dell’Udc Gianpiero D’Alia, secondo il quale «i toni usati da Crocetta nei confronti di Faraone sono inaccettabili» e «non si risponde a legittime opinioni politiche con gli insulti e l’isteria». D’Alia spiega che l’Udc non ha «accettato di proseguire la collaborazione con Crocetta e il Pd per stare dentro un rodeo di invettive improduttive che indeboliscono la credibilità già fragile del governo e che non ci consentono di lavorare serenamente insieme al governo nazionale per fare uscire la Sicilia dal pantano in cui si trova».