Fondi Ue, Mario Campli: “Smetterla di scaricare su altri le nostre inefficienze”

di Giorgio Livigni

Un libro scritto con i ragazzi e per i ragazzi. Per parlare di Europa, della storia, del presente ma soprattutto del futuro. In un momento in cui l’impalcatura stessa dell’Unione subisce ogni giorno critiche implacabili e si affermano partiti politici che vorrebbero chiudere questa esperienza. Così Mario Campli, 68 anni, consigliere del Cese (il Comitato economico e sociale europeo) guarda al futuro con “Europa, ragazzi e ragazze riscriviamo il sogno europeo”, il libro edito da Marotta&Cafiero (148 pagine, 10 euro) che sarà presentato sabato mattina (a partire dalle 10) nella sala teatro dell’Istituto Maria Adelaide di Palermo.

mario campliL’Europa è sotto il tiro incrociato di movimenti politici e culturali che ne contestano l’esistenza. Troppo lontana dai bisogni reali delle persone o l’effetto di un solo paese al comando (la Germania)?

Credo che la più immediata percezione sia quella della “lontananza” dai bisogni, ma ancora più in profondità – seppure in maniera non del tutto consapevole – dallo spaesamento prodotto dal mondo che ci è entrato in casa a cui lo “stato nazionale” non ha più tutte le carte per organizzare una risposta, mentre Europa è ancora incompiuta. La somma delle due tendenze è una micidiale impotenza. Il “tiro incrociato è solo una manifestazione, peraltro, inefficace. Le classi dirigenti dei Pesi membri della Unione ancora oggi, ancora dopo i risultati delle elezioni europee, sottovalutano questa pericolosa miccia. Ho l’impressione che guardano il tutto con una sorta (sbagliata e grave) supponenza.

Lei parla giustamente di sogno europeo, ma le ultime elezioni europee ci dicono che il risveglio è stato brutto e il sogno non c’è più.

Ho usato le due parole “sogno europeo”, proprio perché rinviano con immediatezza alle speranze che fondavano l’inizio del percorso. Nel libro, al Dialogo 5 (“dal sogno al sonno?”), attraverso anche una breve ricostruzione dei comportamenti suicidi dei “sonnambuli” che accompagnarono lo scoppio della prima guerra mondiale di cui come è noto ricorre il centenario, e soprattutto prendendo in prestito dal grande Danilo Dolci una felice espressione (“ciascuno cresce solo se è sognato”) scrivo con chiarezza che “l’invito a riscrivere il sogno europeo non è un invito a superficiali o astratti approcci e pensieri”. I risultati delle ultime elezioni europee – pur nella loro dura replica – temo che non siano ancora ben compresi, se consideriamo lo stato del confronto tra i governi dei Paesi membri in queste ore e giorni. E’ necessario che la società civile reagisca, ogni giorno, con lucidità e immediatezza.

Democrazia, welfare, sviluppo. A noi italiani, ma soprattutto a noi meridionali, di tutto questo rimane solo un’aspirazione: l’Europa al sud è quella dei Fondi europei che nessuno riesce a utilizzare (spendere è troppo riduttivo) in maniera corretta.  Cosa fare?

La costruzione europea è, con tutta evidenza, un cantiere aperto. La mia convinzione profonda è che – allo stato attuale del processo – i destini dei Pesi membri (in primis, dei fondatori) sono totalmente intrecciati con quelli della Unità: simul stabunt simul cadent. Che fare? Ognuno ha il dovere di fare la sua parte. Non posso credere che il mio paese non sappia progettare con rigore e serietà, quando molti italiani, proprio ora stanno progettando e realizzando opere di grande strategicità nel mondo; dobbiamo smetterla di scaricare su altri le responsabilità delle nostre deficienze.

Lei giustamente parla dei giovani, quelli nati nell’89, i quali già si sentono cittadini europei e spesso, soprattutto quelli meridionali, colgono le opportunità di questa nuova cittadinanza con una mobilità, soprattutto per lavoro, incredibile: da Palermo a Barcellona, da Napoli a Parigi. Servono nuove parole per definire cosa siamo ma siamo pronti a questo salto culturale?

Il salto culturale è già avvenuto. Un terzo degli studenti Erasmus ha conosciuto il partner durante l’esperienza all’estero; si stima che da queste coppie, a partire dal 1987, sia nato un milione di bambini. Secondo lei e secondo i suoi lettori quanti leader politici dei paesi membri della Unione hanno commentato con orgoglio questa notizia? L’Europa non si costruisce nelle cancellerie.

Europa come una grande area di mercato ma per quali prodotti? La crisi economica mostra il lato debole di questo sistema che non è ancora coeso e spesso emergono i “conflitti” tra gli interessi dei vari stati: dall’indebolimento delle imprese italiane, si dice, hanno tratto vantaggio quelle tedesche. Anche se oggi l’Italia sta certamente male ma anche la Germania non si sente molto bene.

Sì, drammaticamente (e l’avverbio riguarda tutta l’Unione), la certificazione di una recessione in atto anche nella Germania da una parte dà ragione alle analisi sulla insensata politica di austerità imposta da alcuni governi (Germania in testa, ma non da sola) e dall’altra potrebbe finalmente accelerare una tardiva ma benvenuta sterzata. Quanto al vantaggio delle imprese tedesche, semmai alcune di esse avessero coltivato questa illusione, ora tutte insieme stanno premendo sui loro responsabili (in tutti i sensi!) politici per una inversione di rotta. In Germania, giorni fa, cinquanta giovani dirigenti della Cdu (il partito politico della Cancelliera) hanno criticato duramente la loro leader, affermando: “dobbiamo fare anche noi sforzi e sacrifici se volgiamo restare la locomotiva dell’Europa”. Ecco, se posso osare tanto, mi rivolgo anche a quei cinquanta giovani: riscrivete il sogno, siate degni eredi di quei giovani vostri concittadini che abbattevano il muro delle vergogna e preparavano per voi una nuova patria: Germania riunificata nell’ Europa compiuta.