Giuseppe Cimarosa, da Castelvetrano, nuova star dell'antimafia. Ma è credibile?

Giuseppe Cimarosa è la nuova star dell’antimafia. Il giovane di Castelvetrano con la passione per i cavalli ha infatti rinnegato pubblicamente il suo parente scomodo, Matteo Messina Denaro, capo di Cosa nostra belicina, guadagnandosi prima la platea della “leopolda” di Davide Faraone, e prima e dopo anche diverse prime serate in televisione e l’attenzione di molti media. Tuttavia alcune cose vanno chiarite, su Cimarosa. Innanzitutto non è vero che è cugino di Matteo Messina Denaro, cugina è invece sua madre, Rosa Filardo. Cimarosa, non fosse altro che per questioni anagrafiche, il “cugino” Matteo non lo ha mai conosciuto.  E poi, c’è anche da dire che Cimarosa attualmente ha i beni sequestrati e che risulta sua una delle società, la MG Costruzioni – sua e di suo fratello -considerata dagli inquirenti nel processo Eden in corso a Marsala il bancomat di famiglia dei Messina Denaro. Altro equivoco, il padre di Giuseppe Cimarosa, Lorenzo, imprenditore edile, viene presentato come un pentito, ma non lo è. E’ semplicemente un imputato che sa rispondendo alle domande degli investigatori, tra l’altro cadendo in alcuni casi  in contraddizione. Ed è anche stato condannato a cinque anni.

Insomma, fatte salve le buone intenzioni di Cimarosa, bisogna sempre ricordare che ci vuole prudenza, soprattutto in questo momento, nell’innalzare da un giorno all’altro, nuovi eroi nel malmesso palcoscenico dell’antimafia. Il gesto di Cimarosa è importante, ma va ricondotto al suo giusto contesto.  Va infine ricordato il particolare più importante. Perchè un conto sono le pubbliche cerimonie, le dissociazioni davanti le platee, anche quelle televisive, ma un altro conto sono le denunce di fatti circostanziati, utili alle indagini in corso per la cattura di Messina Denaro o per la cognizione del suo immenso patrimonio o della sua sempre misteriosa rete di fidati collaboratori. In questo senso Cimarosa ancora non ha dato contributi utili.  A chiarire meglio gli aspetti che riguardano Cimarosa interviene l’associazione Libero Futuro, che Cimarosa stesso ha accusato di isolamento nei suoi confronti:

Generalmente LiberoFUTURO evita di polemizzare pubblicamente su singoli casi controversi che vedono coinvolti imprenditori vittime, a vario titolo, del sistema mafioso. Ciò perché, non sottovalutando mai la pericolosità di Cosa nostra, riteniamo che una nostra presa di distanza pubblica potrebbe comunque essere controproducente o addirittura dannosa.
Capita talvolta che imprenditori da noi assistiti prima durante e dopo la denuncia decidano, in autonomia e violando la nostra prassi, di sovraesporsi mediaticamente accrescendo il rischio di ritorsioni e la possibilità di finire sotto scorta. Anche in questi casi abbiamo evitato polemiche pur essendo convinti che tale atteggiamento è contrario allo spirito ed alla strategia delle associazioni antiracket serie che sono concepite proprio per spersonalizzare lo scontro con i mafiosi e riportare il più rapidamente possibile le vittime ad una condizione di vita e di lavoro normale e serena.
cimarosa_leopolda_palermo_NNel Caso del sig. Giuseppe Cimarosa, che peraltro non abbiamo mai assistito per denunce o altro, siamo stati tirati in ballo direttamente e pubblicamente per cui riteniamo di non poterci sottrarre ad una precisazione.
Da tempo Cimarosa dichiara di essere contrario e distante dalla cultura mafiosa e sostiene che tutta la sua famiglia sia sulla stessa linea. Ciò sarebbe apprezzabile se non fosse che il padre è stato condannato di recente a cinque anni e quattro mesi per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Castelvetrano. L’ordinanza di custodia cautelare, parla di “condotte dirette – anche attraverso l’approvvigionamento di fondi, l’infiltrazione in appalti pubblici e privati, e il reinvestimento di capitali – al controllo delle attività economiche che si svolgevano sul territorio assicurando il collegamento con altre articolazioni di Cosa nostra; partecipando a riunioni con gli altri associati; eseguendo ordini e direttive provenienti da sodali detenuti; provvedendo al sostentamento degli appartenenti alla famiglia e dei loro congiunti, nonché di Messina Denaro Matteo, così consentendo a quest’ultimo lo svolgimento delle sue funzioni apicali in Cosa nostra nonostante lo stato di latitanza”.
Il giovane Cimarosa è inoltre titolare, insieme al fratello, della “M. G. Costruzioni” che lo stesso padre ha riconosciuto fosse il bancomat per il latitante Matteo Messina Denaro.
In questa situazione è del tutto evidente che non bastano le dichiarazioni roboanti di dissociazione per essere considerato lontano e ostile alla mafia. Diversa sarebbe la situazione se il padre di Cimarosa chiarisse la sua posizione con la giustizia accettandone anche tutte le conseguenze penali e patrimoniali. Non vi sono scorciatoie e non bastano le dichiarazioni d’intenti.
Alla luce di tutto ciò pensiamo di aver fatto la cosa giusta non assecondando Cimarosa nella sua campagna mediatica e ci stupiamo che persone o partiti più o meno autorevoli lo facciano incuranti del danno che si produce al movimento antimafia ed a chi con coraggio e coerenza denuncia i mafiosi e li fa condannare.