I commercialisti di Ragusa: “Puntare su etica pubblica e riduzione della spesa”

“Una situazione economica nazionale e locale assolutamente drammatica. I dati lo dimostrano. Per questo motivo noi commercialisti vogliamo

Il presidente dell'Ordine dei commercialisti di Ragusa Daniele Manenti
Il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Ragusa Daniele Manenti

svolgere un ruolo attivo fornendo, nel pieno rispetto del nostro ruolo, una serie di indicazioni su come bisogna intervenire per cercare di salvare il Paese, partendo anche dal nostro territorio provinciale”.Linea nuova quella propugnata dal presidente dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili per le circoscrizioni dei Tribunali di Ragusa e Modica, Daniele Manenti, che, a poche ore dalle elezioni nazionali, di fondamentale importanza per capire quali le scelte di politica economica che saranno adottate nei prossimi mesi, fa il punto della situazione.

“Il problema è molto serio – dice Manenti – perché il livello di disoccupazione giovanile si aggira intorno al 35%, la disoccupazione nazionale risulta attestata, invece, al 12%. E tutto questo non ci fa ben sperare così come non ci aiuta a guardare il futuro in maniera tranquilla il fatto che il debito pubblico continui a crescere. Tutto ciò richiama la questione, non marginale, ma anzi da porre sempre di più al centro del dibattito politico e non solo, del rispetto delle regole. E’ indispensabile, anche dalle nostre parti, adottare atteggiamenti di etica pubblica come senso di responsabilità e come capacità da parte della politica di svolgere un ruolo completamente diverso da quello esercitato in passato. Significa che è indispensabile avviare sostanzialmente un percorso di identificazione con quella che è la società civile. Ecco perché intendiamo porre i

n evidenza il nuovo ruolo dei dottori commercialisti che non solo si occupano di bilancio e di problemi di carattere fiscale ma hanno piena consapevolezza della necessità di definire una proposta concreta per risollevare le sorti di questo Paese”.

Quale la ricetta? Manenti non ha dubbi. “Serve – aggiunge – una drastica riduzione della spesa pubblica, possibile solo attraverso una riorganizzazione ed una semplificazione della struttura dello Stato anche attraverso la ripresa del federalismo fiscale. Contrastare l

’evasione fiscale ripartendo dall’abolizione del redditometro. Utilizzare i risparmi ottenuti dalla spending review e dal contrasto all’evasione fiscale per la riduzione del prelievo fiscale che in Italia vale circa il 52% del Pil. Serve proporre in maniera concreta una seria riforma fiscale che ponga al centro le imprese e i lavoratori. Questo obiettivo può essere raggiunto concentrando le riduzioni d’imposta sulla tendenziale abolizione dell’Irap, sulla significativa riduzione dell’Irpef e sulla riduzione del cuneo fiscale. Anche per quanto riguarda l’Imu, tale imposta dovrebbe essere rimodulata abolendo il prelievo sulla prima casa non di lusso e riducendo le aliquote sui beni strumentali delle imprese o sui beni merci. Occorre riformare il sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, concentrando le sanzioni sui fatti più gravi e le frodi. E, ancora, ridurre drasticamente i numeri del contenzioso fiscale. Accorciare i tempi della giustizia tributaria. Riformare la riscossione delle imposte magari introducendo un meccanismo di moratoria sulle riscossioni di Equitalia, quando c’è reale evidenza di particolari criticità, di diritto o di fatto (in capienza patrimoniale). Elevare a rango di norma costituzionale lo Statuto del contribuente perennemente violato dal legislatore. Occorre, inoltre, un serio intervento per favorire l’accesso al credito da parte delle Pmi, anche attraverso il potenziamento delle norme previst

e per le reti d’impresa”.

“Aiutare e sostenere le imprese – continua Manenti – è un dovere che la nuova classe politica dovrà seriamente affrontare per ridare fiducia a questo Paese. Dobbiamo pensare seriamente al pagamento dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione che in Italia valgono circa 60 miliardi di euro. Ma non solo. Occorre essere determinati nel ridurre lo spreco di risorse pubbliche, perché noi riteniamo che sia immorale non soltanto chi evade ma anche chi ruba e dilapida le nostre risorse. La spesa pubblica è stata incontrollata, oggi vale 722 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni è cresciuta in termini reali di circa 125 miliardi di euro. Per questo abbiamo sostenuto che è necessario, oltre alla riorganizzazione dello Stato, anche un controllo della spesa pubblica che dovrebbe essere affidato ad una Agenzia delle Uscite. Da cittadini prima che ancora da professionisti non possiamo che auspicare un Governo che mette al centro la crescita di questo paese. Ed un Pa

ese cresce quando si creano posti di lavoro”.