Il crac dei Cantieri Navali di Trapani. La Procura indaga

Dietro al fallimento del Cantiere navale di Trapani (Cnt) e della società holding, Satin, che ha provocato il licenziamento di 58 operai, potrebbe esserci la bancarotta fraudolenta. L’ipotesi di reato è stata formulata dalla Procura di Trapani, che indaga sul caso. Tra i soggetti iscritti nel registro degli indagati figura l’imprenditore Giuseppe D’Angelo, presidente della Satin e amministratore delegato del Cnt. Alle due società la sezione fallimentare del Tribunale ha apposto i sigilli nell’aprile scorso. L’indagine, che coinvolge D’Angelo e altri soggetti ai vertici delle società, viene definita dagli inquirenti «articolata e complessa» e potrebbe dar vita a nuovi filoni d’inchiesta. Secondo l’ipotesi accusatoria, la bancarotta fraudolenta sarebbe stata messa in atto dall’azienda madre – Satin – con una serie di operazioni tendenti a provocare un fallimento pilotato del Cnt; una di queste operazioni sarebbe consistita nell’elaborazione di un piano industriale, finalizzato al mantenimento del controllo del bacino di carenaggio senza più la zavorra del Cnt e dei relativi debiti della società. Il piano è però naufragato perchè le banche non hanno più concesso credito alla Satin.

La storia degli ex lavoratori dei Cantieri Navali di Trapani diventa popolare quando  a fine novembre del 2011, alcuni dei 59 operair, abbandonati in alto mare dai sindacati, avevano deciso di opporsi alla distruzione della loro azienda occupando  la Marettimo M., l’ultima grande nave costruita prima della chiusura del cantiere. Sono stati gli operai i primi a sostenere, sin dall’inizio, che le commesse per il Cantiere non erano mai mancate, e che qualcosa non quadrava.

“Avevamo ragione anche su questo! “ – dice Antonino, ex lavoratore della Cnt, come riporta il blog “L’isola dei cassintegrati” – Ma a questo punto non dovrebbero essere indagati anche i sindacati per favoreggiamento? Vi ricordate come ci hanno osteggiato nella lotta? E come, senza esitare un attimo, hanno approvato e firmato quell’accordo che avrebbe permesso alla Satin di attuare la bancarotta fraudolenta?” Buona parte dei lavoratori licenziati dai cantieri hanno formato una cooperativa, il cui progetto è quello di porsi come valida alternativa alla disastrosa precedente gestione dell’area demaniale: “Vogliamo essere i padroni del nostro lavoro, senza mire imprenditoriali, con l’unico scopo di assicurare un futuro a noi e ad altri”. Lo gridavano durante le loro manifestazioni, lo ripetono oggi: “La dignità non si sgombera”.

Ad Aprile alla Satin sono stati affissi i sigilli. Un duro colpo al settore della cantieristica trapanese.  “Incredulità e profondo rammarico” per quanto stabilito dal Tribunale è stata espressa dagli imprenditori D’Angelo per un provvedimento emesso nonostante “gli amministratori e i soci delle società Satin e Cnt – si legge nella nota diramata – pur di evitare il definitivo dissolvimento delle aziende e un maggior danno per i creditori e i lavoratori, avevano adottato l’onerosissima opzione del concordato preventivo d’impresa”. Il Tribunale ha, però, ritenuto inammissibile la proposta di concordato della Satin  il cui piano prevedeva l’aumento del capitale per 2 milioni e mezzo di euro e ulteriori risorse, pari a tre milioni di euro.