In libreria “Dormono sulla collina” di Giacomo Di Girolamo

di-girolamoQuesto è un libro. Che banalità, si dirà: ci si arriva da soli, avendolo in mano. Eppure è così, e non è affatto scontato: “Dormono sulla collina” è un libro. E in tempi di libri – non libri, pubblicati con gli scopi più diversi (per fare un film o una fiction, per cavalcare una moda, per fare altro, per promuovere un artista, calciatore, o un politico) questa è una notizia.
“Dormono sulla collina” è un libro, perché è un progetto, folle, come devono essere i libri. Nasce da una sfida e dall’assunzione di un rischio: provare ad immaginare quale sarebbe una storia d’Italia, almeno quella degli ultimi quaranta anni, se a parlare fossero direttamente loro, i morti, coloro che in alcuni casi l’hanno fatta, la storia, in molti casi subita, sicuramente vissuta.

Prendiamo una data simbolica, il 12 Dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana, a Milano, il nostro Ground Zero. Cerchiamo da lì, fino ad arrivare ad oggi, di ricostruire, come un effetto domino, gli eventi che sono accaduti in Italia, ma raccontati dalla viva voce di chi li ha vissuti.

E’ una questione di letteratura, non di comunicazione. Fate attenzione (già questa è letteratura, questo invito all’attenzione, dico): oggi c’è un po’ di confusione sotto il sole dell’oggetto libro. Mischiamo tutto, e tutto ci sembra uguale: fiction, letteratura, racconto, cronaca. Ci sono cose molto trendy, lo storytelling, ad esempio, o la comunicazione – vera architrave del mondo contemporaneo – e cose che invece sono state relegate al ruolo di anticaglie: la letteratura. Che noia, la letteratura, dicono i dittatori della comunicazione. Tutto è ridotto a racconto di intrattenimento, a scrivere ciò che il pubblico vuole – il pubblico, attenzione, non il lettore – per riempire gli scaffali di cose insipide e piatte, create su scala industriale.

Invece magari la letteratura può riscoprire un ruolo che ha avuto, e che avrebbe ancora, fuori dalle regole della comunicazione: accettare una sfida, portarsi al limite dell’impossibile. E’ anche il recupero del senso di essere “scrittore”, rispetto a quello di essere “scrivente”.

Poi si può scrivere un capolavoro, o riempire magazzini di copie invendute. Ma quello viene dopo, appunto, poi. Prima c’è il concetto di letteratura, che è importante, che lancia delle sfide, le raccoglie, si mette in relazione con la società, studia le forme e le ribalta, scardina i riti. Insomma, è destabilizzante. Ha un’ambizione disumana, ma, proprio per questo, è viva e vera.

Questo, quindi, vuole essere un libro destabilizzante. E’ un racconto inedito della storia d’Italia, perchè diverso è il punto di vista rispetto alla cronaca “ufficiale”. Qui, anzi, i punti di vista sono più di mille, perché sono i punti di vista dei mille personaggi morti dal 1969 ad oggi che, come nell’ Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master” (da qui il titolo: “Dormono sulla collina”, ), si avvicendano per raccontarci la loro storia, lasciare un messaggio o un’invettiva. Ci sono politici, agricoltori, criminali e finanzieri, grandi vecchi e giovani.

Non è un libro di poesie. Nè un libro di lapidi. Forse non è neanche un libro di storia. Anzi, se proprio dobbiamo trovare un sottotitolo è questo: appunti sulla fine della storia. Perchè la cosa sorprendente che succede quando si fanno parlare i morti, è che non ci raccontano solo il loro tempo, ma anche il nostro, o in alcuni casi ci parlano d’altro, perchè la storia non esiste, non esiste più. Nel grande racconto collettivo che si produce ogni giorno, ogni istante, sotto i nostri occhi, la memoria non esiste più, non c’è tempo, non c’è attenzione. “Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai”, dice una nota locuzione latina. Qui è polvere la storia, per la sua incapacità di essere raccontata. Ecco perchè, ad esempio, questo libro è senza note. Non è una questione di mancanza di rispetto verso chi legge, o di voluta cripticità. E’ sempre una questione di coraggio: il mito della storia si è sgretolato, il suo universo simbolico non è più condiviso, la storia non può essere più raccontata in termini puramente denotativi – perchè ormai è pulviscolare, appunto, è polvere – ma con lo sguardo della scrittura. La storia si polverizza, rimangono le voci.

Nella collina ci sono politici, personaggi della cultura, della cronaca, nel bene e nel male, sacerdoti, imprenditori tanti personaggi minori, molte vittime che ancora oggi aspettano giustizia. Ma non è un libro lacrimoso, nè un libro di giudizi o sentenze. Anzi, c’è molto sarcasmo, un po’ di sano cinismo, tantissime storie piccole e grandi, destini di singoli e storie che invece appartengono a tutti.

Non parlano solo persone, nella collina, ci sono anche “cose”, che hanno un loro punto di vista sugli eventi narrati. Alto e basso, comico e tragico, si mischiano insieme, i morti parlano, le trame si intrecciano.

“Dormono sulla collina” lo si può leggere in tanti modi: a partire dal proprio anno di nascita, ad esempio, leggendo i personaggi che si conoscono, oppure leggendo solo quelli che non si conoscono. E ancora, può un essere modo per sfidare gli amici, o un’idea per passare una serata come se fosse un gioco da tavolo: uno legge la scheda, e quello accanto prova ad indovinare di chi tratta. Si può leggere anche seguendo i percorsi di lettura indicati alla fine: le vittime di mafia, i protagonisti della cultura, degli scandali o delle vicende di cronaca, gli uomini dietro le trame nere del nostro Paese, i sognatori… Si possono creare percorsi nuovi, a piacimento. Lo si può leggere cercando i personaggi che non ci sono, per poi lamentarsene con l’autore. O per scoprire che non è vero che i morti dormono: sulla collina hanno tutti gli occhi aperti. Infine, lo si può leggere semplicemente per quello che è: il romanzo degli italiani, dal 1969 ad oggi. Un libro.

Giacomo Di Girolamo

Dormono sulla collina. 1969-2014

Pagine 1272
E-book€ 10,99