Inchiesta su affari e petrolio. Il filone siciliano su Augusta

L’inchiesta su affari e petrolio che mette in imbarazzo il governo Renzi ha anche un filone siciliano. Il capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, è indagato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze e per concorso in abuso d’ufficio in un filone siciliano dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata.

De Giorgi è indagato nell’ambito di accertamenti sull’attività dell’Autorità portuale di Augusta insieme a Gianluca Gemelli, compagno dell’ex ministra Federica Guidi, al dirigente della Total, Giuseppe Cobianchi, all’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino, all’imprenditore Pasquale Criscuolo, a Nicola Colicchi, collaboratore della Camera di Commercio di Roma, e al presidente del Collegio dei Revisori dei conti della stessa Camera di Commercio, Valter Pastena (ex direttore generale della Ragioneria di Stato). Negli scorsi mesi, agli indagati è stato notificato un avviso di proroga delle indagini preliminari.
Qualche giorno fa gli agenti di polizia di Potenza, incaricati dalla Procura potentina, hanno acquisito alcuni atti all’autorità portuale di Augusta. Nessun sequestro, ma hanno chiesto copie di alcuni documenti di concessione di aree portuali.

Il porto di Augusta è utilizzato da diverse multinazionali del petrolio che hanno investimenti nel polo petrolchimico di Priolo Gargallo, ma non ci sono insediamenti della Total, coinvolta nell’inchiesta. Gemelli, però, secondo il gip, era molto attento agli emendamenti che riguardavano il settore energetico e in diverse conversazioni parlava di «mire» in Sicilia e Sardegna.

I VERDI. “Il sistema Marcegaglia si schianta a Siracusa. Le mani sul porto di Augusta e il sogno di una piattaforma polifunzionale di rifiuti del gruppo Oikothen hanno scatenato un gioco di potere fuori misura”. Lo dichiara Giuseppe Patti, consigliere nazionale dei Verdi. “Le notizie apparse sulla stampa -aggiunge – meritano di essere ben metabolizzate dagli addetti ai lavori per produrre una lucida ed adeguata ricostruzione dei fatti. Ma è subito chiaro che Confindustria Siracusa e tutto il sistema che ruota attorno al polo petrolchimico di Melilli, Priolo, Augusta e Siracusa è ormai al collasso. Gli interessi in gioco sono tantissimi dai rapporti con le banche (Fondazione Banco di Sicilia, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Intesa) alle quote nei vari consigli di amministrazione, dal depuratore IAS (Industria Acqua Siracusana spa) alla SAC (Società Aereoporto Catania spa), non ultimo, e forse la causa di questo collasso, il riordino delle Camere di Commercio. L’acciaio e il petrolio i due grandi inquinanti, a causa del loro ciclo produttivo, sono arrivati a sporcare anche quegli organismi “privati” che si sono eretti a vere e proprie istituzioni. Il controllo della qualità dell’aria affidata a Confindustria Siracusa con la partecipazione nel C.I.P.A. (Consorzio Industriale Protezione Ambiente), il recentissimo Tavolo del Lavoro imbastito dalla Camera di Commercio e Confindustria contro l’istituzione di una Riserva coinvolgendo anche i Sindacati, CGIL in testa, sono esempi che noi Verdi abbiamo considerato da subito una stortura del sistema”.