Industria, Svimez: in dieci anni incentivi alle imprese del Sud crollati dell’80,5%

Crolla il sostegno all’industria nel Mezzogiorno: -80,5% di agevolazioni concesse in dieci anni, -67% quelle erogate

In base ad elaborazioni Svimez su dati del Mise, dal 2001 al 2012 le agevolazioni concesse all’industria italiana sono crollate del 51,5%, passando dai 10,1 miliardi di euro annui del triennio 2001-2003 ai 4,3 del triennio 2010-2012. A pagare di più è stato però il Sud. Dal 2001 al 2012 infatti le agevolazioni concesse all’industria del Mezzogiorno sono crollate del 80,5%, passando dai 6,4 miliardi di euro annui del triennio 2001-2003 agli 1,2 del triennio 2010-2012. Situazione diversa al Centro-Nord, dove le agevolazioni concesse all’industria sono scese negli stessi anni del 24,3%, passando dai 3,7 miliardi euro annui del triennio 2001-2003 ai 2,8 del triennio 2010-2012. La tendenza si conferma anche sul fronte delle agevolazioni erogate. Nel periodo in questione, in dieci anni, le agevolazioni erogate all’industria meridionale flettono del 67%, da 3,9 a 1,3 miliardi di euro annui, il triplo del Centro-Nord (-22,4%).
Limitando l’analisi agli anni di crisi 2007-2012, le agevolazioni concesse nel Mezzogiorno sono state pari a 1 miliardo e 931 milioni di euro annui, contro i 2 miliardi e 905 milioni del Centro- Nord. Se però agli interventi per il sostegno della “nuova imprenditorialità” sono stati assegnati al Centro-Nord 108 milioni e quasi il triplo al Sud, 293 milioni, nella “ricerca e sviluppo” e nella direttrice “internazionalizzazione” il Mezzogiorno è decisamente penalizzato: 367 milioni di euro annui destinati alla ricerca per il Sud, quasi il triplo, 1.193, al Centro-Nord. Ancora peggio riguardo all’internazionalizzazione: nel Mezzogiorno sono andati 11,6 milioni di euro annui, oltre 30 volte in meno del Centro-Nord (351,5). Mentre gli interventi per il riequilibrio territoriale sembrano dimenticare le differenze di sviluppo tra Nord e Sud: in termini di risorse le misure relative allo “sviluppo produttivo e territoriale”, in cui sono inseriti gli interventi per il riequilibrio territoriale delle zone arretrate, non fanno incredibilmente differenza tra le due aree: 1 miliardo e 78 milioni al Centro-Nord, 1 miliardo e 155 milioni al Sud.

Investimenti nel settore giù del 52% al Sud 

Negli anni di crisi 2007-2012 nel Mezzogiorno il peso del valore aggiunto manifatturiero sul totale dell’area è sceso dall’11,2% al 9,6%, attestandosi alla metà del Centro-Nord (18,9%). Giù anche il tasso di industrializzazione, che misura il numero di addetti nel settore ogni mille abitanti: nel 2012 al Sud è arrivato a 32,1 contro l’83,2 dell’altra ripartizione. In picchiata gli investimenti: -52%, più del doppio del Centro-Nord (-19,7%). Nel manifatturiero imprese al Sud sempre più micro – Nel Mezzogiorno le microimprese under 10 addetti impiegano circa il 40% degli occupati manifatturieri totali, contro il 24% del Centro-Nord. E scende ancora la dimensione media delle aziende: nel 2001 era di solo 28 addetti, pari al 77% di quella del Centro-Nord (36 addetti), dieci anni dopo è scesa a 25 addetti, pari al 67% del Centro-Nord (37 addetti).
Politica industriale in Europa e Italia: risorse e strumenti

In termini di risorse, dal 2007 al 2012 gli aiuti di Stato nel settore industriale sono stati dello 0,27% del PIL, inferiori alla media europea dell’Ue a 27 (0,47%), e ancora di meno di quanto destinato al settore in Germania (0,53%) e Francia (0,61%). Risorse a parte, nei principali paesi europei sono molto più forti che in Italia le misure di sostegno al settore: in Germania opera una rete di 66 istituti a sostegno dell’innovazione e del trasferimento tecnologico delle PMI, con un budget annuale di 2 miliardi di euro (Fraunhofer-Gesellschaft), cui si aggiunge la export bank pubblica IPEX che a tutto il 2011 ha erogato complessivamente prestiti per 60 miliardi di euro; in Francia sono attivi i “Poli di competitività”, la Banca pubblica di investimento (BPI), con un capitale di 42 miliardi di euro, e Ubifrance, un’agenzia specifica per l’internazionalizzazione.
Le proposte: una politica industriale specifica per il Sud, regionale e aggiuntiva; fondi, piani e fiscalità di vantaggio

Il problema di fondo, si legge nello studio, è che al Sud le imprese sono piccole, poco innovative, poco propense all’export, e accedono poco a quasi tutti i principali interventi della politica industriale nazionale. Per questo, secondo la SVIMEZ, nell’ambito degli interventi nazionali, nell’accedere al Fondo Italiano di Investimenti per le PMI, al Fondo Strategico Italiano e al credito all’export andrebbero previste corsie preferenziali per le imprese meridionali.
Per quanto riguarda la politica regionale, invece, andrebbero inserite nei POR 2014-2020 di tutte le regioni meridionali misure aggiuntive a favore dei “Contratti di rete”; rafforzati i fondi di private equity specifici per il Sud, poco diffusi nell’area; prolungato il Piano per il Sud 2013-2015 dell’ICE per la promozione delle esportazioni, ed esteso anche alle regioni meridionali non dell’Obiettivo Convergenza.
Sul fronte del credito andrebbe sostenuto il processo di ricapitalizzazione delle imprese con l’istituzione di una Bad-Bank, che possa rilevare le partite in sofferenza, enormemente cresciute con la crisi, al fine di ridare elasticità ai bilanci bancari e porre le banche in condizione di riprendere a finanziare il sistema produttivo. Per favorire l’attrazione di investimenti esterni all’area, nazionali ed esteri, occorrerebbe poter contare su forme di fiscalità di vantaggio per compensare gli svantaggi competitivi che penalizzano il Sud rispetto ai paesi dell’Est Europa; paesi avvantaggiati da un più basso costo del lavoro, e che possono utilizzare liberamente i maggiori margini di libertà delle leve fiscale e monetaria.