Infrastrutture: per sistemare tutto in Sicilia servono 28 miliardi

Per rimettere in sesto il sistema infrastrutturale siciliano (strade, autostrade, porti, aeroporti) servono poco più di 28 miliardi di euro. La Regione siciloiana può contare, sulla carta, su 4,9 miliardi di risorse disponibili e dunque restano da trovare 23,217 miliardi. E’ la conclusione cui sono arrivati i tecnici dell’assessorato Infrastrutture che hanno messo nero su bianco lo screening sugli interventi da fare, i fondi necessari, quelli disponibili a vario titolo e quelli da trovare. Un documento che è stato inviato al ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio per le valutazioni del caso: la speranza è che l’intero documento vada a finire nel masterplan per il Sud che il governo ha annunciato e che dovrebbe varare (per il momento si registra solo un sostanziale ritardo rispetto alla data annunciata dal premier Matteo Renzi).

La tabella del riepilogo dei costi è chiara: in questo momento servono 18,336 miliardi per le infrastrutture stradali e in questo caso la Regione può contare su 4 miliardi; per le infrastrutture ferroviarie servono 9,271 miliardi mentre la Regione ha a disposizione solo 813,3 milioni; per le infrastrutture aeroportuali servono 314,9 milioni e non ci sono risorse disponibili: stesso discorso per le infrastrutture portuali: servono 197,56 milioni ma la Regione non ha finanziamenti disponibili.

Intanto i nuovi fatti di questi giorni con la frana che ha interessato la A 18, sebbene prevedibili come dichiarano i tecnici del Consorzio autostrade siciliane, mettono a nudo, per l’Ance, «la gravissima responsabilità dei governi centrale e regionale e della deputazione nazionale e dell’Ars, che hanno tutti sottovalutato l’importanza di completare l’anello autostradale siciliano e di investire in maniera efficace sulla prevenzione del dissesto idrogeologico». Proprio adesso la Giunta regionale per pagare spese correnti e assistenziali ha sottratto risorse al completamento della Nord-Sud, che avrebbe anche in questo caso potuto costituire un utilissimo by-pass, mentre il governo nazionale ha appena sfiorato la Sicilia col piano «#Italia Sicura» e la stessa Regione ha previsto pochissime risorse nella scheda sul dissesto idrogeologico presentata a Bruxelles per la nuova programmazione dei fondi europei. «Cosa dovrà accadere ancora – si chiede Santo Cutrone, presidente facente funzioni di Ance Sicilia – perché l’intera classe politica capisca che la situazione del territorio siciliano non può essere più presa sottogamba? Possiamo assistere inermi al massacro dell’economia siciliana? Possiamo solo sperare che non ci siano conseguenze irrimediabili per la vita delle persone? O dobbiamo sperare ancora una volta in interventi `fai da te´ dei cittadini e dei Comuni che evidenziano tutta la sfiducia nella politica? No, non possiamo e non dobbiamo».