La crisi del sistema bancario: se ne parla al congresso della Fisac

Tra esodi e ristrutturazioni, razionalizzazioni e chiusure di sportelli, anche a Palermo il settore creditizio è in crisi: dopo una stagione di aperture di sportelli bancari, si è passati a una fase di dismissioni e tagli. All’ottavo congresso della Fisac Cgil di Palermo, che si apre nel primo pomeriggio all’Addaura Hotel e prosegue domani, va in scena la rappresentazione drammatica di un settore che dagli anni di benessere attraversa oggi un crescente declino.

A illustrare i dati è il segretario della Fisac Cgil di Palermo, Gino Ridulfo, nella relazione d’apertura dell’ottavo congresso della categoria che si svolge davanti ai 43 delegati (di cui 17 donne) eletti alle 23 assemblee di base svolte nelle settimane scorse. Congressi di base, svolti nei posti di lavoro, tra gli 832 iscritti, che hanno portato alla luce il disagio dei lavoratori del settore bancario (Unicredit, Monte dei Paschi, Banco Popolare, Bnl, Credito emiliano, Intesa San Paolo, Gruppo Sella) delle assicurazioni, dall’Unipol alle Generali, dell’Ircac, delle esattorie (Riscossione Sicilia, che ha accumulato crediti per 120 milioni di euro con la Regione) e di Italia Lavoro, dove da poco la Fisac Cgil è sbarcata, costituendo la Rsa.

Fino al dicembre 2012, il numero dei dipendenti bancari a Palermo e provincia, nei 417 sportelli esistenti, era di 4015 unità (fonte Banca d’Italia). Adesso (settembre 2013) il numero degli sportelli è sceso a 408, in un settore in cui a livello nazionale si parla di 30-40 mila esuberi. Nel campo delle agenzie di assicurazioni chiusure e accorpamenti hanno determinato a Palermo e provincia quasi un dimezzamento degli addetti e la cancellazione di un’agenzia su quattro.

Assicuratori e banchieri: professioni ritenute invidiabili fino a pochi anni fa. “Oggi non è più così: il mestiere non è più stabile come un tempo – dice Gino Ridulfo – Anche in questi campi il ricorso alla cassa integrazione in deroga e ai contratti di solidarietà ha avuto un aumento vertiginoso. E anche le trattative per evitare perdite di posti di lavoro: epiloghi amari sono stati alla Progress, posta in liquidazione coatta amministrativa, con zero prospettive di rientro al lavoro per i dipendenti, e anche presso le due compagnie Alpi e D’Eass. Ai lavoratori di quest’ultima società è stato pure negato l’inserimento nel fondo di solidarietà. E Riscossione Sicilia attende il provvedimento di legge della Regione che dovrebbe assegnare 40 milioni a titolo di anticipazione dei crediti vantati, come strumento per permettere alla società di continuare ad operare, nell’attesa che il governo nazionale modifichi i parametri di remunerazione dell’attività di riscossione delle imposte”.

Una crisi che si inquadra nel processo di generale involuzione, che ha raggiunto l’apice nella lettera di revoca del contratto nazionale dei bancari presentata dall’Abi nel settembre scorso. “Nel nostro territorio questa tendenza ha avuto negli anni un impatto maggiore in considerazione dell’accentramento delle direzioni e di alcuni asset strategici dentro i poli bancari e assicurativi del centro nord”, spiega il segretario Gino Ridulfo.

Accanto ai processi più generali di cirsi,si registrano le pratiche adottate da alcune aziende. Emblematica la sorte capitata ai lavoratori della Santander Consumer di Palermo, dove 4 dipendenti sono stati licenziati per motivi economici come previsto dalla nuova formulazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori. “E’ stata la prima applicazione della nuova normativa nel settore bancario, una nuova modalità sicuramente più silenziosa e meno eclatante di riduzione del personale e del costo del lavoro”, dice Ridulfo. Anni in cui anche la figura del dipendente di banca si è modificata nel rapporto con la clientela e col risparmiatore, trasformandosi da semplice bancario a venditore di prodotti. “E’ venuto meno in molti casi – continua Gino Ridulfo – quel rapporto di fiducia che legava il lavoratore bancario alla clientela, la quale ormai manifesta apertamente nell’operatività quotidiana una malcelata sfiducia verso l’operatore bancario costretto a difendere un ruolo, un’etica del lavoro, pagando in prima persona per colpe che albergano nei piani alti della gerarchia”.

Uno stato di malessere che a Palermo cammina di pari passo con un crescente stato di povertà delle famiglie. Secondo la Fisac si marcia verso un modello povero basato sempre più sui consumi indispensabili e sulla compressione di quelli più voluttuari. “Il patrimonio delle famiglie – sostiene Ridulfo – è caratterizzato da scelte familiari di tipo prudenziale, il patrimonio immobiliare rappresenta quasi l’80 per cento del patrimonio totale della famiglia media palermitana a fronte del 63 per cento della media nazionale, mentre il patrimonio investito nelle attività più rischiose è pari ad appena il 7 per cento. L’approccio prudenziale nelle scelte di investimento delle famiglie ha sicuramente contribuito a mettere al riparo parte dei risparmi dei palermitani dalla volatilità dei mercati finanziari”.
E per quanto riguarda le questioni legate al credito bancario, a Palermo – denuncia sempre la Fisac – si è avuto un sostanziale deterioramento degli assetti creditizi. “Nella nostra provincia i depositi sono in gran parte alimentati dalle famiglie (76 per cento) mentre la quota delle imprese risulta meno consistente rispetto alla media nazionale, il che è un dato tipicamente meridionale – osserva Ridulfo nella sua relazione – Cosi come la distribuzione dei depositi è tipica del Mezzogiorno: l’assorbimento di risparmio delle banche maggiori è molto elevato (71 per cento) e notevolmente superiore a quella nazionale (48 per cento). Di converso le banche più piccole raccolgono circa il 28 percento dei depositi a fronte del 47 per cento del dato nazionale. Tale assetto è il frutto di un processo di progressiva espansione dei principali gruppi bancari del Centro Nord”.