La mafia? Oggi è parte dell'economia legale

La mafia oggi è parte dell’economia legale. Prevale un network criminale che offre sul mercato i suoi servizi. Lo dice il procuratore Roberto Scarpinato in un’intervista ad Attilio Bolzoni su Repubblica. Cosa è la mafia oggi? “Non ce n’è una sola – dice Scarpinato –  C’è una mafia popolare che è in crisi, ce n’è un’altra che offre sul libero mercato beni e servizi illegali per i quali vi è una domanda di massa, poi c’è un’aristocrazia mafiosa che ha fatto un salto in circoli ristretti che gestiscono legalmente grandi affari”.

Ed è vero, per comprendere la trasformazione del fenomeno mafioso occorrono nuovi paradigmi: un salto culturale come quello compiuto da Giovanni Falcone trent’anni fa, quando con la collaborazione dei grandi pentiti come Tommaso Buscetta riuscì a far condannare al maxi processo l’intera cupola mafiosa. Da molto tempo, ormai, non è più la politica a governare l’economia. Il rapporto di scambio tra sostegno elettorale della mafia a partiti e uomini politici e compartecipazione della stessa mafia alla spesa pubblica nazionale e regionale non funziona più, perché, con la perdita di sovranità a favore dell’Europa, il welfare state è divenuto un bene sempre più scarso e la politica non è più in grado di garantire il fiume di appalti che aveva arricchito Cosa nostra nei passati decenni. C’è una vecchia mafia, in  crisi, che continua a vivere sul pizzo, sui subappalti, sul movimento terra, sullo smaltimento dei rifiuti, sulle discariche e in generale sull’offerta illegale di beni e servizi di massa, che ha difficoltà a pagare persino le spese legali dei propri affiliati e il mantenimento delle loro famiglie. E c’è invece un’aristocrazia mafiosa come quella rappresentata da Matteo Messina Denaro, che siede al tavolo dei grandi affari e dell’alta finanza, è probabilmente già parte integrante dell’economia legale, partecipa al processo di concentrazione della ricchezza che sta cambiando le gerarchie sociali anche nel mondo della criminalità organizzata e opera in concorso con le nuove strutture criminali emerse dalle inchieste su P3 e P4. Contro questa nuova mafia mercatista, finanziaria, più invisibile, più silenziosa, il reato di concorso esterno pensato per combattere i tradizionali colletti bianchi rischia di essere obsoleto. Occorrono nuove categorie penali:

“Le categorie penali del concorso esterno e dell’associazione mafiosa mostrano la corda. Non si sa più se si tratti di concorso esterno di colletti bianchi negli affari delle mafie o, viceversa, di concorso di aristocrazie mafiose negli affari loschi di strutture criminali che la stampa definisce cricche, comitati d’affari, P3 o P4. Per fronteggiare il nuovo che avanza serve un salto culturale, come quello compiuto da Falcone 30 e passa anni fa, quando mostrò al Paese la realtà della mafia della Prima Repubblica”.