La vera storia di Tony Lombardo, l’uomo di Al Capone che partì dalla Sicilia

di Giorgio Livigni

Che ruolo hanno avuto i siciliani nella costruzione del potere di Cosa nostra in America? Quali relazioni e quali conoscenze hanno portato in dote? Il tema, ampiamente trattato dallo storico Salvatore Lupo nel suo “Quando la mafia trovò l’America”, viene oggi ancora una volta indagato in un piccolo ma prezioso libro edito da Armenio Editore e scritto da Luciano Armeli, un giovane scrittore siciliano già vincitore del premio Elio Vittorini con il libro Il tiranno e l’ignoranza e autore del volume “Le vene violate – Dialogo con l’urologo siciliano ucciso non solo dalla mafia” dedicato alla vicenda di Attilio Manca.
Copertina l'uomo di Al CaponeIl libro di cui parliamo ora si intitola “L’uomo di Al Capone – Tony Lombardo: dall’indigenza siciliana a zar del crimine nella Chicago degli anni ’20” (126 pagine, 12 euro) ed è la storia di di un emigrante siciliano che diventa boss, ricostruita attraverso un’accurata ricerca negli archivi pubblici e dei grandi giornali americani. Una storia che è la rappresentazione di come, in quegli anni, la mafia è riuscita a costruire un sistema di potere facendo leva proprio sulle “competenze”, se così si può dire, degli immigrati.
Tony Lombardo sbarca a New York all’inizio del Novecento (la data è incerta) proveniente da Galati Mamertino, piccolo centro della provincia di Messina: porta con sé un bagaglio di fame e povertà ma anche una grande voglia di riscatto sociale. Si dedica al commercio e grazie a questa sua attività entra in contatto con Al Capone. La vicenda umana e criminale di quest’uomo, che a un certo punto viene accolto nel suo paese d’origine come un benefattore tanto da accettare la sua donazione per la costruzione del monumento ai caduti della Prima guerra mondiale (con il grazie pubblico del podestà del tempo), viene raccontata da Armeli nei dettagli, costruendo quello che Antonio Baglio (ricercatore di storia contemporanea all’università di Messina) nella prefazione definisce un “romanzo criminale” che racconta il paradigma del potere mafioso valido allora ma ancora molto attuale fatto di «intrecci politico-affaristico-criminali». Questo libro ha un altro merito: documentando e raccontando la storia di Lombardo la riporta alla sua vera portata (è un boss e un criminale) sottraendola alla mitizzazione che il racconto orale aveva contribuito a costruire.
Antonio (Tony) Lombardo arriva a diventare il presidente dell’Unione siciliana «associazione ben radicata a Chicago e New York» e interfaccia legale degli interessi mafiosi. Diventato ricco grazie al proibizionismo, Lombardo era particolarmente apprezzato per le sue doti di “mediatore” tra le gang e di ambasciatore tra i padrini, finisce anche lui nel tritacarne della violenza della Chicago Anni Venti: viene ammazzato il 7 settembre del 1928. In questo contesto Tony Lombardo è il protagonista di una storia di mafia, ricorda Baglio citando Svevo, che appartiene a un «passato che è sempre nuovo».