L'Antimafia (con la maiuscola) adesso indagherà sull'antimafia (con la minuscola). Lo dice Rosy Bindi

 “La Commissione antimafia farà un’indagine sul movimento antimafia, con grande serenità e con intenti non polizieschi, ma politici. Daremo il nostro contributo al Paese affinché il ruolo dell’antimafia sia un punto di riferimento nella lotta alla mafia”. L’ha detto la presidente della Commissione Rosy Bindi a Caltanissetta all’indomani dell’arresto di Roberto Helg, il presidente della Camera di commercio di Palermo mentre intascava una tangente da 100 mila euro. 

“Siamo a Caltanissetta – spiega Bindi dopo la giornata di audizioni tenute dalla Commissione nella Prefettura nissena – per una visita programmata in quanto è sede di una Procura importante che lavora sui territori del nisseno e dell’ennese. In questa Procura c’è l’eco delle vicende di Palermo e delle minacce ai magistrati. Certamente siamo qui anche per approfondire il caso Montante. L’aspetto giudiziario è in mano alla magistratura, noi faremo approfondimenti perché per una lotta efficace alla mafia bisogna avere un’antimafia forte e trasparente”.

Sarebbe opportuno evitare che nel Consiglio di amministrazione dell’Agenzia nazionale per la destinazione dei beni confiscati siedano personaggi che potrebbero essere tra gli assegnatari. Ma si tratta di un aspetto che riguarda il lavoro del governo. Abbiamo intenzione anche di fare un giro nelle carceri per vedere se è come viene applicato il 41 bis” ha aggiunto nel corso della conferenza stampa seguita alle audizioni di rappresentanti della magistratura e delle forze dell’ordine in prefettura.

“L’antimafia – ha aggiunto – deve essere un impegno per il bene comune e non per perseguire l’interesse di qualcuno in particolare. Per quanto ci riguarda abbiamo ritenuto importante l’impegno di Confindustria e anche di altre associazioni nella lotta alla mafia. Per noi è un segnale importante se un’associazione dice ‘I nostri iscritti non pagano il pizzo'”.

“Sarebbe un errore – prosegue la Bindi – sopprimere la Dda nissena, perché oltre alle indagini antimafia sui territori di Caltanissetta ed Enna porta avanti con competenza, dedizione ed equilibrio il lavoro su magistrati come Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato“. La chiusura della Dda nissena potrebbe verificarsi se venisse soppressa la Corte d’appello di Caltanissetta, argomento sul quale si discute nell’ambito dei progetti di revisione dei distretti giudiziari al vaglio del Ministero della giustizia.

Incalzata dalle domande, ha aggiunto: “Quando un simbolo si intacca e ci sono delle ombre su quella che viene considerata una realtà e che costituisce anche un “pioniere dell’antimafia”, si indeboliscono gli anticorpi della resistenza alla mafia. E noi questo non possiamo permetterlo. Non si può fare antimafia per comodità, ma deve essere un impegno per il bene comune”.

«No all’antimafia con i pennacchi. Stiamo cercando di approfondire – ha subito dopo detto Claudio Fava – se negli ultimi tempi in quella che è stata la lotta alla mafia ci siano state delle esuberenze, delle falsificazioni tali da far definire questi atteggiamenti “l’antimafia con i pennacchi”. E, soprattutto se, a seguito di questi atteggiamenti, si sia creato un sistema che ha procurato potere e forse anche impunità. L’antimafia migliore è quella che produce fatti e comportamenti; chiediamo se con questo metodo siano state costruite carriere, filiere di potere e una antimafia “esclusiva” e limitata a pochi. Vogliamo sapere se ci sono stati degli eccessi attorno alla bandiera dell’antimafia».
Il senatore Fava, in compagnia dei colleghi Davide Masiello ed Angelo Attaguille, subito dopo ha confermato che la commissione parlamentare intende vederci chiaro anche sul ciclo dei rifiuti: «A questo fine – ha detto – molto presto torneremo ancora una volta in Sicilia per comprendere taluni meccanismi ed eventuali responsabilità».
«Stiamo intervenendo – ha detto ancora Fava – su una situazione che non scopriamo oggi, che ha prodotto delle patologie che hanno procurato carriere politiche costruite ed esaltate in nome e per conto della lotta alla mafia. Non possiamo fingere che questo non è accaduto. La cosa che ha stupito è anche che potremmo essere in presenza di un fenomeno che in questi ultimi anni è stato probabilmente sottovalutato: strano che negli ultimi cinque anni non ci sia stato un solo fascicolo aperto per verificare eventuali collusioni tra il potere mafioso e la politica di taluni enti locali. E questo è abbastanza inusuale in un territorio dove la criminalità organizzata ha pure qualche influenza. Due sono le cose: o si gode di uno stato di salute straordinario o sono stati attuati criteri di valutazione diversi da quelli messi in pratica in altre province».