Le idee di un imprenditore al servizio (temporaneo) della politica

«Le richieste delle imprese alla politica sono molto semplici: occorre solamente che si faccia qualcosa per loro e che si dica ogni tanto qualche “sì” e non soltanto “no”. Le imprese chiedono di creare ricchezza per il territorio e chiedono di essere pagate. Tutto qui». Parola di imprenditore prestato (momentaneamente) alla politica.

Massimo Maniscalco è presidente della Sivibus, azienda palermitana concessionaria unica in Sicilia della Iveco Iribus, e presidente dell’Ucid – Unione cristiana imprenditori e dirigenti. Ha deciso di candidarsi per rappresentare le esigenze del mondo imprenditoriale nelle istituzioni regionali. Lo ha fatto con la lista Ilef, Italiani liberi e forti, che sostiene come presidente il magistrato Gaspare Sturzo, 49 anni, pronipote di don Luigi, fondatore del Partito popolare italiano. «In realtà – spiega Maniscalco – è stato proprio Gaspare Sturzo a convincermi e alla fine ho accettato per mettere a frutto la mia esperienza di imprenditore cominciata nel 1971, la mia esperienza come docente di Diritto amministrativo, iniziata 34 anni fa, e la saggezza che si acquisisce naturalmente in 67 anni di vita».

Qual è la motivazione più forte che l’ha spinta, in un periodo dove sembra vincere l’antipolitica?

«Siamo di fronte a un cambiamento sociale e politico: è uno di quei rari casi in cui si apre uno spazio di cambiamento che poi si richiude e che si riaprirà tra 30 o 40 anni».

Cioè?

«Penso che dopo le elezioni nazionali saranno pochissimi i partiti tradizionali ad esistere ancora. Gli elettori sono disposti a tutto pur di spazzare via questi partiti che hanno contribuito allo sfascio. Quasi la metà non vuol neanche andare a votare. C’è chi si lamenta e vuole continuare a lamentarsi, chi come me vuole impegnarsi».

Quali linee guideranno la sua eventuale elezione?

«Dopo la scelta di candidarmi ho stilato un impegno con me stesso fatto di tre punti: non mi ricandiderò più in futuro, comunque vada questa volta; se dovessi essere eletto renderei pubblica la mia dichiarazione dei redditi e il mio stato patrimoniale; farò battaglie esclusivamente nel disinteresse personale».

Qual è il suo programma?

«La cosa più importante da fare è quella di bloccare la cosiddetta “intermediazione impropria”, quella fatta di corruzione e raccomandazione che alla fine ci fa pagare le cose più di quanto dovremmo. In questa direzione occorre fare un banchmarking con le altre regioni per adeguare alle più virtuose le spese della Regione Sicilia per servizi e prodotti. Si creerebbe un tesoretto da poter spendere meglio, magari per investimenti. Inoltre, occorre smetterla con la promessa di posti di lavoro che non ci sono e iniziare a lavorare per creare veramente posti di lavoro».

E come?

«Uno degli strumenti da usare di più è sicuramente il project financing. Attirare capitali verso la Sicilia, ma solo rendendo la Sicilia più conveniente per investire. I project financing devono servire per realizzare infrastrutture utili. Così si crea lavoro durante la realizzazione dell’opera e l’utilità dell'infrastruttura creare maggiore ricchezza. Insomma, si attiva un bel circolo virtuoso».

E per quanto riguarda la macchina amministrativa?

«Occorre sburocratizzare il più possibile e non dimenticare che le uniche strutture in grado di generare ricchezza sono le imprese e quindi fare in modo che queste non vengano massacrate da tasse e burocrazia. Occorre quindi il grande contributo dei dipendenti regionali».

Che contributo?

«Ogni dipendente dovrà produrre valore aggiunto, cioè dovrà produrre più di quanto ammonta il suo stipendio. Così diventeremmo più efficienti e competitivi».

Altre idee?

«Un’altra: occorre prestare maggiore attenzione alla solidarietà e a chi sta peggio».