Le verità di Maltauro sugli appalti siciliani

I magistrati della Procura di Catania hanno interrogato Enrico Maltauro su vicende collegate alla costruzione di Etnapolis, il grande centro commerciale privato, realizzato nei pressi di Catania con un project financing da 160 milioni di euro. L’imprenditore vicentino arrestato per gli appalti dell’Expo è stato ascoltato come persona informata dei fatti, imputato in procedimento connesso.

I sostituti etnei, che hanno in corso un’indagine contro ignoti rubricata nel 2014, gli hanno chiesto se avesse mai incontrato o conosciuto i fratelli Basilotta, alle cui aziende la Maltauro Costruzioni aveva affidato in subappalto alcuni lavori per Etnapolis. I Basilotta sono riusciti ad aggiudicarsi in questi anni importanti opere nel catanese, nell’agrigentino e nel nisseno e uno dei fratelli – Vincenzo – fu arrestato nel 2005 nel corso di un’inchiesta su mafia, appalti e politica. I magistrati sospettavano che fosse organico alla famiglia La Rocca, rappresentante del clan Santapaola-Ercolano nel territorio di Caltagirone. Vincenzo Basilotta è stato condannato in secondo grado per associazione mafiosa, ma la Corte di Cassazione ne ha rinviato il processo in Corte d’Apello.
Maltauro ha varcato lo Stretto dopo avere acquisito le attività dei Graci e dei Costanzo, i costruttori catanesi che, insieme ai Finocchiaro e ai Rendo, si erano affermati in Sicilia negli anni ’70 e ’80. E attualmente è sotto processo a Messina con l’accusa di avere corrotto Giuseppe Chiofalo, un ingegnere del Pd, ex responsabile della segreteria tecnica del sottosegretario ai Trasporti Raffaele Gentile. Per favorire le proprie aziende, Malaturo gli avrebbe allungato del denaro “a mezzo bonifico bancario sul conto corrente appositamente aperto dal Chiofalo a nome del centro studi Cetras e dalla società Ambiente e Sicurezza”. Il procedimento messinese nasce da uno stralcio dell’inchiesta di Catania sull’uso di cemento depotenziato nei lavori per la metropolitana etnea.
All’inizio dell’interrogatorio i magistrati hanno anche accennato di sfuggita al porto di Riposto, un altro appalto siciliano in cui è presente la Maltauro, ma hanno subito lasciato cadere l’argomento. Ciò lascia supporre che l’inchiesta possa spingersi oltre Etnapolis. Al Sole-24 ore risulta, infatti, che il 20 febbraio di quest’anno dal dipartimento tecnico della Regione siciliana, diretto da Vincenzo Sansone, sia partita una denuncia per presunte irregolarità negli appalti dei porti di Acitrezza e di Riposto, e che tra i destinatari dell’esposto vi fossero, accanto al presidente della Regione, Rosario Crocetta, e alla Procura della Corte dei Conti, anche le Procure della Repubblica di Catania e Palermo e la Procura generale di Palermo.
La contestazione riguarda la modalità di affidamento dei lavori per trattativa privata da parte del dipartimento Infrastrutture. Il caso più eclatante è quello del porto di Riposto, dove gli originari aggiudicatari della gara – la Ira, oggi dei Maltauro, e la Silva, poi fallita – , dopo avere subito dal committente pubblico la rescissione del contratto per inadempienza, riottennero nel 2009 l’affidamento degli stessi lavori per trattativa privata, con ribassi molto inferiori ai precedenti e quindi con maggiori utili.
Una norma nazionale recepita dalla Regione consentirebbe di adottare questo tipo di procedura, purché i lavori siano però concessi allo stesso prezzo del contratto rescisso: condizione che non ricorre nel caso di Riposto.
Caso analogo, l’appalto del porto di Acitrezza: prima aggiudicato alla Silva, poi rescisso e in seguito riaggiudicato in modo privato. Non sappiamo quanti e quali opere siano state appaltate con identiche modalità. Sappiamo solo che le due gare in questione sono state gestite da uno stesso ufficio del dipartimento Infrastrutture diretto da Giovanni Arnone.
Insomma, dopo l’interrogatorio di Enrico Maltauro, l’inchiesta della Procura di Catania potrebbe espandersi a macchia d’olio e finire per coinvolgere la Procura di Palermo, dove peraltro la questione di Acitrezza e di Riposto fu sollevata qualche anno fa da uno zelante dirigente regionale, dal cui esposto era scaturita un’indagine poi archiviata.

da www.ilsole24ore.com