Appalti: botta e risposta al vetriolo tra l'Ance e Crocetta

PALERMO. Il botta e risposta va in onda a distanza di un paio d’ore. Oggetto del contendere la legge sugli appalti siciliana, alla luce del materiale trovato nel computer dell’ex vicepresidente di Ance Sicilia (l’associazione dei costruttori), il trapanese Pietro Funaro. Apre le danze il presidente della regione siciliana Rosario Crocetta che in un comunicato prende seriamente le distanze dalla norma: «Sul blocco della legge sugli appalti del luglio 2015 non mi fermo affatto. Le gare in corso non possono essere affidate con una norma sulla quale grava il sospetto di essere gradita a imprenditori vicini a Matteo Messina Denaro. Sulla lotta alla mafia non si fanno sconti a nessuno. Ciò che piace ai nemici della istituzioni non può piacere alle istituzioni. Dobbiamo bloccare quella legge e nella prima seduta utile va detto con chiarezza che quella norma non si applica più. In Sicilia – continua il governatore – deve essere adottata la legislazione nazionale sulle posizioni del ministro Delrio. Occorre smetterla con l’idea – aggiunge Crocetta – che le norme sull’aggiudicazione degli appalti vengano fatte dalle associazioni di categoria, perché negli ultimi dieci anni si è sempre fatto così, le categorie proponevano norme e dopo due anni che le avevano proposte ne chiedevano la modifica. Quando si vara una norma – dice ancora il presidente – si valuta sempre l’interesse pubblico. Il confronto con le associazioni di categoria va certamente fatto, alla luce del sole come abbiamo sempre fatto, ma queste sappiano isolare al proprio interno i soggetti lontani da logiche  non istituzionali e qualche volta vicini alla mafia. La legge non è stata proposta dal governo, ma dal parlamento, io non ho partecipato ai lavori, ma con questa iniziativa voglio difendere l’onorabilità dei parlamentari che non c’entrano nulla col sistema mafioso, che sono unicamente responsabili di aver avuto un confronto con le associazioni di categoria. Trovo disdicevole che nel computer di un imprenditore si registrino nomi di deputati da convincere a far passare una legge. Con questa abrogazione, si dà il messaggio di istituzioni completamente autonome, ribadendo che nessuno può tentare di strumentalizzarle per fini privati. La Sicilia è cambiata e – conclude Crocetta –  ne prenda atto qualche nostalgico del vecchio sistema».

Passano un paio d’ore e arriva la replica del presidente dell’Ance Santo Cutrone che prova a fare un po’ di chiarezza sul punto: «L’articolo 97 del nuovo Codice degli appalti appena approvato – dice -, riguardo al metodo di determinazione delle offerte anormalmente basse, riprende il criterio previsto dalla legge regionale 14 del luglio 2015 attualmente in vigore in Sicilia e che sin dalla sua applicazione ha azzerato l’eccesso di ribassi anomali in tutte le gare celebrate nell’Isola da metà luglio 2015 in poi. Affermare, dunque, che la legge regionale sugli appalti in vigore ‘favorisce la mafia e va per questo abrogata’ equivarrebbe a sostenere che favorisce la mafia anche il nuovo Codice degli appalti voluto dal premier Matteo Renzi e dal presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone».

E poi ricorda inoltre che «il testo finale di questa legge del 2015, nata come proposta, fra gli altri, dell’allora presidente M5s della commissione Ambiente dell’Ars, Giampiero Trizzino, è frutto di un emendamento del governo Crocetta – lo stesso che ora vorrebbe abrogarla ripudiando una propria ‘figlia’ – al termine di pubblici confronti svoltisi alla luce del sole nelle commissioni di merito (senza quindi bisogno di ‘avvicinare’ alcun deputato) ai quali hanno partecipato tutte le associazioni di categoria e i sindacati».

«In verità – conclude Cutrone – , stando ai riferimenti temporali, possiamo intuire che il provvedimento al quale si riferiscono le indiscrezioni di stampa e che sarebbe stato oggetto di attenzioni ‘lobbistiche’ da parte di mafiosi e imprenditori altro non sia che il ddl 488-762, esitato per l’Aula il 16 luglio 2014 (che, a nostra memoria, non è mai stato approvato dall’Ars) il cui contenuto è assai diverso dalla legge attualmente in vigore; legge che, come detto, l’Ance Sicilia sostiene perché ha in sé principi e soluzioni tecniche efficaci, la cui validità è stata confermata dal nuovo Codice degli appalti e anche dall’impugnativa della Presidenza del Consiglio dei ministri che si riferisce al perimetro della potestà legislativa regionale e non al metodo di esclusione delle offerte anomale».