L’Ordine dei Commercialisti: “In provincia di Ragusa la pressione fiscale arriva al 68,3%”

Il presidente Ordine commercialisti Ragusa Daniele ManentiLe politiche fiscali di questi ultimi anni non hanno contribuito ad avviare una seria lotta all’evasione. In provincia di Ragusa come nel resto del territorio nazionale. E’ quanto afferma il presidente dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili per le circoscrizioni dei Tribunali di Ragusa e Modica, Daniele Manenti, ricollegandosi agli ultimi dati disponibili forniti dalla Corte dei Conti.

“L’evasione fiscale in Italia – afferma Manenti – vale ancora circa 130 miliardi di euro (circa il 18% del Pil) collocando il nostro Paese al secondo posto per evasione fiscale dopo la Grecia. La pressione fiscale reale si è impennata al 53%, 10 punti oltre quella nominale. Tale dato si ottiene rapportando il totale delle entrate sul Pil tassato e non su quello nominale ed esprime chiaramente come il peso dell’economia sommersa gravi sul livello della tassazione. Se a tale ultimo valore ottenuto aggiungiamo anche il carico contributivo e calcoliamo il totale Tax rate (carico fiscale e contributivo sul reddito prodotto) ci accorgiamo che in provincia di Ragusa la pressione fiscale è del 68,3%. Un salasso che ammazza l’economia. Su 100 euro di profitti il fisco ne lascia 32, mentre all’estero dai 52 ai 65. E con una tale pressione fiscale è difficile vincere la sfida ed essere competitivi. Per questo sosteniamo che, pure nell’area iblea, i due temi lotta all’evasione fiscale e pressione fiscale rappresentino due facce della medesima medaglia”.

Per Manenti la soluzione è quella di “aggredire contemporaneamente questi due problemi con un nuovo patto sociale. Finora la sinistra ed i sindacati hanno sbandierato la lotta all’evasione per finanziare lo stato sociale e la spesa pubblica, mentre la destra, gli imprenditori e noi professionisti abbiamo sostenuto che bisogna ridurre gli sprechi per ridurre le tasse. Il risultato è che sul fisco si è prodotto un clima da stato di polizia senza però raggiungere lo scopo del recupero dell’evasione, mentre dall’altra parte si sono fatti dei tagli alla spesa pubblica che hanno ingessato settori importanti dell’economia anziché far diminuire la pressione fiscale. Tra l’altro in questi ultimi anni le imprese hanno finanziato la propria attività non pagando le imposte, per lo più Iva e contributi. Ecco perché per contrastare efficacemente il fenomeno dell’evasione fiscale occorrerebbe intervenire non solo con una legislazione nazionale ma anche con una più ampia collaborazione internazionale e con l’abolizione del segreto bancario”.

“Dagli ultimi rapporti – continua Manenti – risulta che le somme depositate presso le banche dei paradisi fiscali ammontano a circa 12.000 miliardi di dollari, circa 6 volte il Pil italiano. A livello nazionale bisognerebbe avviare un sistema di controlli più massiccio: ogni anno su circa 5 milioni di contribuenti le verifiche sono appena 200.000. Nelle scorse settimane è partita anche l’anagrafe dei conti correnti ma i controlli fiscali contro i possibili evasori partiranno non prima del 2014. Ed infine il recupero dell’evasione fiscale dovrebbe essere utilizzato per abbassare la pressione fiscale. Non dimentichiamo che, nonostante i poteri attribuiti ad Equitalia, la pubblica amministrazione negli ultimi 12 anni è riuscita ad incassare solo l’11,6% dei ruoli emessi. Quindi, su un totale di 596 miliardi di euro ne sono stati incassati appena 69. Significa che ne mancano all’appello 527”.