Mafia e appalti truccati all'aeroporto di Palermo, scatta il sequestro

Sigilli al tesoro dei costruttori Candela di Trapani, al centro del sistema delle opere pubbliche in provincia e non solo. Beni per 6 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Polizia di Stato di Trapani e dalla Guardia di finanza a imprenditori del settore degli appalti pubblici in Sicilia ritenuti collusi con esponenti delle cosche mafiose trapanesi.

Interessati dal provvedimento otto beni immobili, 37 auto, furgoni e mezzi meccanici, cinque aziende, dieci partecipazioni in altre società e 114 tra conti correnti e rapporti bancari. Le attività investigative svolte in particolar modo tra la seconda metà degli anni ’90 e, più recentemente, tra il 2004 e il 2007, hanno permesso di accertare, nel tempo, “l’asservimento” del gruppo imprenditoriale “Candela” al clan locale al quale hanno garantito ingenti risorse economiche, attraverso la gestione delle opere edili, anche grazie alla compiacenza di funzionari corrotti.

Un sistema estorsivo e di controllo delle opere documentato anche in relazione ad appalti relativi ai lavori aggiudicati dal gruppo Candela, a partire dal 2001, nella provincia di Palermo presso l’aeroporto Falcone-Borsellino e presso la caserma militare Beghelli, nel quartiere San Lorenzo, come dimostrato dall’esame dei “pizzini” trovati in occasione della cattura dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Accertata, peraltro, la tentata turbativa del pubblico incanto presso la Provincia di Trapani concernente i lavori di adeguamento dell’Istituto tecnico per geometri di Trapani, concordando una tangente di 50 milioni di vecchie lire.

E’ emerso come i Candela “abbiano da sempre agito attraverso imprese strettamente interconnesse tra di loro in un unico gruppo imprenditoriale che hanno tratto rilevanti vantaggi economici dall’illecita aggiudicazione di appalti pubblici fino ad epoca recente”. In questo contesto investigativo “i Candela risultavano pienamente inseriti nel gruppo degli imprenditori asserviti e beneficiati dal sistema di condizionamento mafioso del settore degli appalti pubblici, voluto dal vertice trapanese di cosa nostra ed attuato pure grazie alla compiacenza di funzionari corrotti anch’essi asserviti alle medesime strategie”.