Mafia: Cassazione annulla condanna a Scuto. Definitiva l'assoluzione sui rapporto con i clan

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa emessa, l’8 ottobre del 2015, dalla Corte d’appello di Catania nei confronti dell’imprenditore Sebastiano Scuto. Di fronte a un nuovo collegio si dovranno valutare, ha stabilito la Suprema Corte, i profili relativi alla determinazione del ‘tempus commissi delicti’, il trattamento sanzionatorio e la confisca dei beni.
E’ diventata definitiva l’assoluzione dall’accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo: la Cassazione ha rigettato su questo punto il ricorso della Procura generale di Catania.

Nella sentenza di condanna in appello a Scuto  erano stati comminati otto anni di carcere, disponendo altresì la confisca delle quote societarie di “Aligrup” (l’holding principale di Scuto) nella misura sino a 15 milioni di euro.

Scrivevano i giudici in tema di “motivi della decisione”:

“Ritiene la Corte che le circostanze attenuanti generiche possano essere concesse all’imputato, con un giudizio di equivalenza rispetto alle ritenute aggravanti. A tal fine vanno sicuramente valorizzati gli elementi indicati dal Tribunale, ovvero sia l’incensuratezza dell’imputato e la metamorfosi dello Scuto da imprenditore soggetto ad estorsione ad imprenditore colluso. A ciò deve aggiungersi la denuncia sporta dallo Scuto nei confronti di Sebastiano Laudani (il piccolo) che segna, a parere della Corte, il momento di rottura del legame dell’imputato con la famiglia Laudani (al quale seguiranno, poi, il pentimento e le dichiarazioni accusatorie di Giuseppe Laudani).”

Precisiamo per chi legge che Sebastiano Laudani è nipote di Sebastiano Laudani , il patriarca della famiglia mafiosa, mentre Giuseppe è figlio di Gaetano, uno dei figli di Sebastiano.

Ancora: «Deve definirsi comprovato come la famiglia mafiosa Laudani abbia finanziato le attività di impresa di Scuto mediante l’apporto di notevoli capitali». Il collaboratore di giustizia Giuseppe Laudani  aveva spiegato come la cosca «dava contributi economici […] nell’espansione della catena Despar sul territorio». Il ruolo della mafia si sarebbe allargato, secondo i racconti di Laudani, anche quando si presentavano delle difficoltà per rilevare punti vendita o comprare terreni sui quali costruirli: «Intervenivano noi naturalmente», aveva detto agli inquirenti. «Definitivamente accertato», per i giudici etnei, come Scuto avrebbe messo a disposizione del clan le immagini degli impianti di video sorveglianza degli esercizi commerciali che subivano rapine, «al fine di accertare e punire i colpevoli».