Mafia e ortofrutta. Maxi operazione tra Sicilia, Lazio e Campania

Mafia e ortofrutta.  In una maxi operazione tra Sicilia, Lazio e Campania, ci sono stati venti arresti, perquisizioni e sequestri per 100 milioni di euro, per fare luce sulla gestione monopolistica, nelle mani dei boss, del rifornimento di mercati ortofrutticoli del sud e del centro Italia. I reati per cui si indaga sono associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, estorsione e altri reati. L’operazione  prende spunto dalle precedenti “Sud Pontino” e “Sore” e ha svelato che i clan Casalesi e Mallardo, assieme a quelli appartenenti a Cosa Nostra catanese, gestivano l’approvvigionamento di prodotti ortofrutticoli e il loro trasporto da e per i maggiori mercati delle regioni di centro Italia e del Meridione. In sostanza, i clan criminali, imponevano ai commercianti i canali da utilizzare, riconducibili a società a loro collegate o asservite ledendo così gravemente il sistema della libera concorrenza. Sui proventi di ogni transazione veniva anche imposta una tassazione con metodi estorsivi.

Disposto anche il sequestro nei confronti degli indagati (40 in totale), delle società di trasporto, dei mezzi coinvolti e dei immobili ad esse riconducibili, valutato in circa 100 milioni di euro.

In Sicilia i sequestri eseguiti dalla Direzione distrettuale antimafia sono scattati ad Adrano, grosso centro agricolo in provincia di Catania, dove c’è uno dei mercati ortofrutticoli più grandi della provincia di Catania.

L’ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, eppure i prezzi moltiplicano fino al 300 per cento dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla mafia.  Il business delle agromafie – secondo la Coldiretti – genera in Italia un volume di affari di 15,4 miliardi nel 2014. I punti sensibili per le infiltrazioni mafiose  sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati: dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per l’imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord – Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione.

In Sicilia, il business delle agromafie supera i 5 miliardi di euro. La malavita si è insediata in molti dei punti nevralgici del sistema agricolo regionale: dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta, all’imposizione del guardiania, al pagamento del pizzo anche con l’obbligo di assunzione di manodopera, al trasporto