Mafia e truffe allo Stato. Sequestro da 13 milioni di euro per l'imprenditore Vito Marino

Mafia e truffe allo Stato. Sequestro di beni per 13 milioni di euro per Vito Marino, l’imprenditore di Paceco (Tp), imputato con suo cugino Salvatore Marino per l’uccisione della famiglia Cottarelli, strage compiuta a Brescia nell’agosto 2006. Vito Marino è figlio del boss mafioso Mommo u nanu, che nel 1986 fu ammazzato da Matteo Messina Denaro. Il sequestro è stato deciso dal Tribunale delle misure di prevenzione su richiesta della Procura e della Questura di Trapani e  fa seguito all’indagine della Procura di Trapani su una maxi truffa allo Stato e all’Unione europea da 29 milioni di euro. Il sequestro è stato fatto anche dei familiari di Vito Marino, della moglie Tiziana Sugamiele, 47 anni, e dei loro congiunti Girolamo , Salvatore e Maurizio Marino, rispettivamente di 23, 51 e 47 anni. Coinvolti sono anche Mario e Saveria Anna Morello, di 52 e 47 anni, e Antonio Giliberto di 32 anni. Tutti di Paceco. Alla truffa si è aggiunta la intestazione fittizia di beni. Il cuore delle indagini riguarda una serie di imprese “cartiere” servite a mettere in atto la maxi truffa: le società coinvolte sono la VIGNA VERDE S.R.L., OLEARIA PACHECO Soc. Coop. a r.l. e CERALSEED S.R.L, la società commerciale MA.MO. S.R.L. Nell’indagine odierna c’è anche Antonio Giliberto, avrebbe fatto da prestanome invece per la società TENUTE KARUSHIA S.R.L. Il sequestro riguarda: 40 beni immobili, 5 beni mobili registrati, 13 società/imprese, 33 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura.

Figlio del capomafia “Mommo ‘u nano”, assassinato nell’86 dal giovane Matteo Messina Denaro una raffica di 40 proiettili ai margini della strada provinciale che collega Trapani con Salemi durante la guerra di mafia che vide imporsi i corleonesi, è nel settore agricolo che orienta i suoi affari, creando diverse aziende. Con  l’utilizzo dei finanziamenti pubblici Marino costruisce il suo impero, realizzando anche una catena di produzione vinicola con uno dei vini etichettati  “Baciamo le mani”.

Per lui e per il cugino Salvatore  secondo le indagini il bresciano Angelo Cottarelli produceva fatture false per dimostrare spese in realtà mai avvenute ma utili a ottenere i finanziamenti pubblici. Il 28 agosto del 2006 in una villetta di Brescia Angelo Cottarelli venne ucciso a colpi di pistola insieme alla compagna Marzena Topor e al loro unico figlio di sedici anni, Luca, che vennero entrambi sgozzati. Gli assassini inscenarono una rapina finita male, ma i sospetti degli investigatori caddero invece su Vito Marino e suo cugino Salvatore. Per l’accusa i due  avrebbero ucciso i Cottarelli per regolare i conti dopo una rottura dovuta probabilmente all’intenzione del socio di voler uscire dal giro delle false fatture. Per i cugini Marino, assolti in primo grado per il triplice omicidio ma condannati negli appelli successivi, la Cassazione ha annullato per due volte l’ergastolo mettendo tutto in discussione. Ora per la terza volta sarà tutto da rifare, con un processo d’appello a Milano.