Mafia ed estorsioni, operazione a Bagheria. 22 arresti, grazie alla ribellione dei commercianti

L’operazione antimafia a Bagheria è stata denominata “Reset 2”. Le indagini hanno evidenziato la “soffocante pressione estorsiva esercitata dai boss che, dal 2003 al 2013, si sono succeduti ai vertici del clan”. Cinquanta le estorsioni scoperte.

Operazione antimafia nella mattina di oggi a Bagheria.  Ventidue provvedimenti restrittivi a carico di altrettanti capi e gregari del locale mandamento mafioso sono stati eseguiti all’alba dai carabinieri del Comando provinciale di Palermo. L’accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, sequestro di persona, danneggiamento a seguito di incendio.

Da anni i titolari degli esercizi commerciali del grosso centro alle porte di Palermo versavano nelle casse di Cosa nostra il denaro richiesto, una pressione estorsiva che con il passare del tempo era divenuta soffocante. A tal punto da spingere 36 imprenditori locali a ribellarsi al giogo del pizzo dopo decenni di silenzio. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno documentato una cinquantina di estorsioni grazie anche alla dettagliata ricostruzione delle vittime. Richieste estorsive che dal 2003 al 2013 si sono susseguite senza soluzione di continuità e che hanno colpito ogni attività economica. I particolari dell’operazione, denominata Reset 2, saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa convocata alle 11 in procura.

Così racconta l’operazione all’alba di oggi Salvo Palazzolo per La Repubblica:

Questa notte, il provvedimento di arresto per 22 persone ripercorre gli ultimi venticinque anni di storia di Bagheria. Ed è la gente di questa cittadina alle porte di Palermo ad averla scritta: 37 fra commercianti e imprenditori hanno denunciato finalmente anni e anni di ricatti passati a pagare il pizzo ai boss. Una rivolta senza precedenti in terra di mafia. Tre imprenditori si sono presentati spontaneamente ai carabinieri del nucleo Investigativo di Palermo, tutti gli altri sono stati convocati in caserma dopo le prime dichiarazioni del pentito Sergio Flamia, fino a qualche anno fa mafioso di rango a Bagheria, e hanno ammesso di aver pagato il pizzo.

Così, è nata l’inedita rivolta di Bagheria. Potrebbe diventare un altro capitolo della Baaria del regista Peppuccio Tornatore, anche lui giocava da bambino fra le statue mostruose di Villa Palagonia. Il procuratore aggiunto Leonardo Agueci con i sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli chiamano in causa tutti i mafiosi più autorevoli che in questi ultimi vent’anni si sono alternati al comando del clan e dei ricatti. Gino

Di Salvo, Nicola Eucaliptus, Onofrio Morreale, Gino Mineo. Tutti fedelissimi di Bernardo Provenzano. Un imprenditore si è indebitato fino al collo pur di pagare ogni mese il pizzo. All’inizio, era stato obbligato a mantenere anche la famiglia del boss in carcere, poi pure lui dopo la scarcerazione. E ha dovuto vendere una villa per riuscire ad onorare il suo debito con i mafiosi. Perché il pizzo a Bagheria è stato come una tassa. Nessuno poteva evadere.