Mafia, la Dia di Palermo ha un nuovo capo, Antonio Amoroso. Le sue prime parole

Nuovo capo della Dia a Palermo, è  il colonnello dei carabinieri Antonio Amoroso, 56 anni da compiere a dicembre, di Scanno in provincia dell’Aquila, che prende il posto del colonnello Riccardo Sciuto, il quale, nel frattempo, è diventato comandante dei carabinieri di Genova. Ha già lavorato alla Direzione investigativa antimafia nelle vesti di funzionario dal 1991 al 2003. Ovvio che la prima cosa da chiedere al nuovo arrivato è quando verrà preso Matteo Messina Denaro . «Ci tengo a sottolineare che per me non esiste una scala di obiettivi – risponde – . La cattura del boss Matteo Messina Denaro è un obiettivo, ma non l’obiettivo. Ho trovato una squadra e delle risorse dedicate a questo scopo. Una squadra con le proprie ipotesi investigative che vanno arricchite e che ogni giorno ha a che fare con un livello alto di omertà. Abbiamo la certezza –che la sua figura continui a influenzare il territorio. Per questa ragione, al momento è determinante continuare a colpire gli affari che girano attorno a lui e colpire il consenso che lo circonda e che protegge e garantisce la sua latitanza in modo poi da risalire al suo covo».

Poi, consueta analisi sulla mafia che cambia: «Da anni la coppola è stata sotterrata in cambio di un approccio più garbato con altissima capacità di mimetizzarsi negli strati migliori della società. È difficile oggi scovare il mafioso coi tratti somatici che erano tipici del passato. Oggi  il mafioso è un professionista elegante, raffinato e istruito e che ha ancora più chiaro in mente rispetto al passato la discriminante tra bene e male. Insomma, oggi più di ieri, il mafioso sa benissimo quello che sta facendo. Sono sempre stato convinto che la mafia sia un fenomeno sociale che non può essere combattuto solo con operazioni militari. Le retate da sole non risolvono il problema, ma è necessaria una risposta morale e in questo la Sicilia e Palermo sono state un grande esempio nel passato, perché sono morti poliziotti, ma anche magistrati, giornalisti, preti. Questo – spiega Amoroso – perché alla mafia le manette danno fastidio, ma danno altrettanto fastidio gli articoli sui giornali, le omelie. La risposta corale è fondamentale anche per stoppare il vivaio di manovalanza criminale che sta crescendo».