Mafia, le mani dei Galatolo sul mercato ortofrutticolo di Palermo

PALERMO – Le cosche gestirebbero la vendita,il confezionamento, la tipologia di prodotti del mercato ortofrutticolo di Palermo. Cioè la mafia decide quale prodotto deve finire sulla tavola dei consumatori e anche in che periodo. La Direzione investigativa antimafia alla fine di una lunga indagine ha eseguito un maxi sequestro di beni, valutati in circa 250 milioni di euro, a cinque persone, titolari di vari stand nell’ ortofrutticolo, che sarebbero “vicine” alla storica cosca dei Galatolo dell’Acquasanta. La sezione misure di prevenzione del Tribunale, dopo la proposta della Dia, ha emesso il decreto di sequestro dei beni (20 immobili tra terreni, appartamenti e box); 13 aziende; 14 veicoli; numerosi rapporti finanziari) riconducibili a Angelo e Giuseppe Ingrassia, entrambi di 57 anni, Pietro La Fata, di 81, e Carmelo e Giuseppe Vallecchia, di 74 e 53 anni.
Per gli investigatori i cinque, indagati, sono “profondi conoscitori del metodo di funzionamento del mercato e ne monopolizzavano anche attraverso l’utilizzo dei servizi forniti dalla Cooperativa Carovana Santa Rosalia (compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio)”.
La Dia ritiene che nel mercato vi sia “una regia occulta, in grado di ‘prestabilirè il prezzo dei beni posti in vendita, cui gli operatori del settore dovevano uniformarsi; controllare il trasporto su gomma che interessa la Sicilia occidentale e i principali mercati di approvvigionamento delle derrate alimentari, ubicati in centro Italia; gestire le attività connesse al commercio svolto nell’ortofrutticolo”. I collaboratori di giustizia, hanno evidenziato «il totale controllo da parte di Cosa nostra di un importante settore economico locale, provocando da un lato una grave distorsione del mercato ed eliminando, di fatto, qualsiasi forma di concorrenza con la conseguente imposizione dei prezzi, garantendo all’organizzazione criminale, la possibilità di conseguire ingenti guadagni attraverso attività solo
apparentemente lecite».
«L’inquinamento del tessuto economico, avvenuto mediante l’immissione di denaro di sicura provenienza illecita – dice la Dia – non si è limitato all’acquisizione di attività commerciali lecite, ma ha occupato interi settori del terziario, strettamente legati alle attività di vendita dei prodotti ortofrutticoli all’interno del locale mercato. Tutto ciò ha provocato una grave e profonda alterazione di tale tessuto economico che, privo delle regole proprie di un libero mercato, risulta fortemente condizionato da Cosa nostra».
La Coldiretti siciliana dice che «l’agricoltura rappresenta una base economica della criminalità come dimostra il volume d’affari dell’agromafia che è salito a circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12% rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. Un dato nazionale che contiene una larga percentuale del malaffare siciliano».
Per la Confederazione italiana agricoltori, nel settore ormai le infiltrazioni delle
mafie producono oltre 240 reati al giorno e, dal campo alla tavola, generano un giro d’affari stimato in 15,5 miliardi di euro. «La criminalità organizzata non si limita a esercitare un controllo sul territorio – osserva la Cia – ma è interessata a fare nuovi guadagni, a far fruttare i patrimoni, conquistando quei comparti ‘anticrisì che si stanno dimostrando sempre più determinanti per l’economia nazionale, com’è appunto l’agroalimentare. Con la conseguenza che le organizzazioni criminali impongono i prezzi d’acquisto agli agricoltori, controllano la manovalanza degli immigrati con il caporalato, decidono i costi logistici e di transazione economica, utilizzano proprie ditte di trasporto, possiedono società di facchinaggio per il carico e scarico e arrivano anche sulla tavola degli italiani, mettendo a rischio la salute dei cittadini, con l’ingresso nella Gdo e nella ristorazione».