Mafia, nuovo blitz a Palermo. Una donna a capo della cosca

Mafia, nuovo blitz a Palermo. C’è stata una vasta operazione antimafia dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo. Trentotto i fermi emessi dalla Direzione distrettuale antimafia cittadina, eseguiti nel capoluogo siciliano, a Roma, Milano e Napoli. Colpiti capi o gregari dei mandamenti della mafiadi Palermo Porta Nuova e Bagheria, accusati di associazione mafiosa, estorsione,detenzione e traffico di sostanze,e detenzione di armi e munizioni Al vertice del clan che gestiva gli affari e la cassa era una donna, moglie di un boss. Si tratta di Teresa Marino, 38 anni, moglie del boss Tommaso Lo Presti.

Come riporta l’ANSA, la donna avrebbe gestito ogni attività criminale della mafia locale secondo le direttive impartite dal marito detenuto, condizionando costantemente le attività illecite anche degli altri affiliati e capi famiglia, in particolare nel settore del traffico degli stupefacenti. La moglie del capomafia avrebbe tenuto la cassa della consorteria: «Questa mattina ho visto il conto, Cioè mi sono rimasti quindicimila euro», dice in una intercettazione. Immedesimandosi nella condizione delle mogli dei detenuti, la consorte del boss rivolgeva particolare attenzione al sostentamento delle loro famiglie. “Appena le porta… Io glieli faccio avere, dille cosi’”, assicurava e a un mafioso libero. Consapevole di quanto la cosa stesse a cuore, aggiungeva che sarebbe stata disposta a farlo anche di tasca propria.

I militari hanno eseguito 38 fermi, una parte riguarda personaggi di Bagheria, dove i boss di mafia sono ormai da tempo in affari con le cosche palermitane. È la quarta operazione antimafia nell’ultimo mese.  Secondo l’accusa, i nuovi capi di Cosa nostra hanno il volto poco noto del quasi cinquantenne Paolo Calcagno, considerato il reggente del mandamento, e finora mai indagato per mafia, e quello femminile di Teresa Marino, quarant’anni non compiuti, moglie di Lo Presti, un tempo leader a Porta Nuova e oggi in carcere. E dal carcere sarebbero partite le sue direttive veicolate dalla consorte che avrebbe avuto voce in capitolo anche nella gestione dei traffici di droga e delle estorsioni. I militari hanno bloccato due corrieri in Argentina e Francia, partiti per conto dei boss di Bagheria e Palermo. Lo Presti e Calcagno hanno lavorato fianco a fianco. Poi, quando il primo è finito in cella, il secondo ne avrebbe preso il posto. Nel blitz di oggi finiscono in cella, oltre al presunto reggente Calcagno, anche i capimafia delle tre famiglie che ne fanno parte: Porta Nuova, Palermo centro e Borgo Vecchio. Così come in cella sono finiti pure i boss di Bagheria e Villabate, pronti a raccogliere le macerie di un mandamento fiaccato dalle operazioni.

Sul fronte pizzo, sono una trentina le estorsioni – tentate e consumate – contestate agli indagati. Solo quattro commercianti hanno denunciato spontaneamente di essere rimasti vittima del racket. Tutti gli altri lo hanno fatto solo dopo essere stati messi con le spalle al muro dall’evidenza delle indagini. Quando ormai per loro si profilava l’incriminazione per favoreggiamento aggravato hanno scelto di stare dalla parte dei carabinieri. Qualcuno, però, superata la paura, ha dato piena collaborazione. Specie nel popolare rione Borgo Vecchio. Hanno capito che non avevano altra scelta nel momento in cui si è pentito Francesco Chiarello, che non solo chiedeva il pizzo, ma annotava nomi e cifre in un libro mastro.

Infine c’è il capitolo pesce e frutti di mare. Negli ultimi mesi i boss di Porta Nuova si erano messi in testa di monopolizzare il mercato attraverso due centri all’ingrosso. E c’erano pure riusciti, tagliando fuori un concorrente. Come? Convincendo i fornitori veneti a non vendergli più merce. E alla fine il commerciante ha preferito chiudere l’azienda.