Mafia: ecco perché è stato sciolto il Comune di Corleone

PALERMO. Favori e affari, dalla riscossione al monopolio del latte. “Nel Comune di Corleone sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e l’imparzialità degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012, nonché il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento dei servizi”. Lo scrive il ministro dell’Interno Angelino Alfano nella relazione che esplicita i motivi che hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale di Corleone, deliberato dal Consiglio dei ministri lo scorso 10 agosto e sancito due giorni dopo con decreto del presidente della Repubblica.

Al termine dell’indagine ispettiva disposta il 15 gennaio 2016 dal prefetto, la relazione del successivo 23 maggio “dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata e su forme di condizionamento”. Dalle risultanze dell’accesso emerge anche una contiguita’ tra esponenti della criminalità organizzata corleonese o tra persone ad essi vicine e gli amministratori comunali, “favorita da un fitto intreccio di legami parentali, da rapporti di frequentazione o da una comunanza di interessi economici”, si legge nel documento firmato da Alfano. Gli accertamenti ispettivi hanno, inoltre, messo in luce “alcune circostanze indicative dei rapporti tra i componenti del governo locale e cosa nostra. I legami tra la famiglia del sindaco e la locale famiglia mafiosa sono suggellati anche da particolari vincoli che assumono, in quel territorio, un alto valore simbolico all’interno delle consorterie: si tratta della scelta del “padrino” o della “madrina” in occasione della celebrazione di sacramenti religiosi”.

I summit negli uffici del Comune

Tratteggiata anche la vicenda di un dipendente comunale – allora custode del campo sportivo, nei cui uffici si svolgevano incontri tra associati ed affiliati mafiosi per programmare attività criminali – che ha esercitato pressioni finalizzate all’assunzione dell’esponente malavitoso: “Emblematica è la circostanza che il comune non si sia costituito parte civile nel procedimento penale”. La rete familiare “e la comunanza di interessi con la criminalità organizzata ha costituito il substrato nel quale si e’ esplicato il condizionamento dell’amministrazione, comprovato da una serie di fatti gravi e concreti”. Le attività connesse alla gestione del ciclo dei rifiuti sono quelle che suscitano maggiore interesse da parte della criminalità organizzata, sia per gli enormi proventi che ne derivano, sia per la possibilità di esercitare un capillare controllo del territorio. Il comune di Corleone, “sfruttando le difficoltà incontrate dalla società incaricata della raccolta, ha garantito a società private, collegate a consorterie mafiose locali, lo svolgimento del servizio di raccolta rifiuti”.

Municipio al servizio della mafia

Secondo quanto emerge anche dagli atti della commissione d’accesso, “il Comune ha perseguito gli interessi delle locali famiglie mafiose, fin dai primi momenti di crisi dell’Ato, ostacolando le procedure comunali relative all’istituzione dell’Area di raccolta ottimale, prevista da specifiche disposizioni regionali. il sindaco, dal mese di febbraio 2015, ha dato avvio ad una gestione straordinaria del servizio disponendo, con proprie ordinanze contingibili ed urgenti, interventi sussidiari attraverso noli affidati a due imprese, “di cui una riconducibile ad un soggetto vicino alla locale famiglia mafiosa, che ne è di fatto l’amministratore, e l’altra amministrata da un componente del consiglio di amministrazione della prima”. Nei confronti di tali ditte, il prefetto di Palermo, lo scorso 15 luglio 2016, ha emanato distinti provvedimenti interdittivi, disponendo anche, per una delle imprese, la cancellazione e, per l’altra, il diniego dell’iscrizione nella cosiddetta white list. Il comune di Corleone ha inoltre esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione dei tributi, scegliendo un concessionario tra le società selezionate da un’associazione costituita per l’espletamento di alcuni servizi, alla quale l’ente ha aderito con delibera di giunta del dicembre 2013.

E i boss non pagavano le tasse

Anche l’Autorità nazionale anticorruzione aveva obiettato che la ditta prescelta non rispondeva ai modelli organizzativi previsti dalla vigente normativa e che le gare espletate dalla società risultavano prive del presupposto di legittimazione. Dall’esame della situazione economica del comune, a far data dall’affidamento del servizio al concessionario, si registra infatti un calo di oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che passa dal 73% al 25%: “Tra gli utenti morosi – spiega Alfano – vi sono esponenti della locale clan e familiari di amministratori ed e’ inoltre significativo che il referente della società sia stato consigliere della prima assegnataria e sia affine del capo di un mandamento contiguo a quello di Corleone, come è stato accertato nel corso di indagini condotte dalle forze di polizia”. Come rileva il prefetto di Palermo, i titolari di molte delle imprese iscritte all’albo “si trovano in rapporti di forte contiguità o addirittura di appartenenza alle locali consorterie mafiose. Dette ditte sono risultate destinatarie di affidamenti diretti o a trattativa privata per l’esecuzione di lavori o per l’espletamento di servizi di competenza comunale”. Anche in occasione dell’affidamento di incarichi legali, “l’azione dell’ente è stata condizionata dagli interessi della criminalità organizzata: la difesa dell’amministrazione in tutti i contenziosi stragiudiziali è stata affidata ad un avvocato legato da vincoli parentali con la famiglia mafiosa corleonese”.