Mafia, sequestro di beni a Palermo per 15 milioni di euro

Quindici milioni di euro. Questo il valore complessivo dei beni sequestrati stamattina a Francesco Paolo Maniscalco, spesso arrestato e indagato per mafia, figlio di Salvatore, appartenente alla famiglia mafioso di Corso dei Mille.

Il provvedimento – disposto su proposta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto procuratore Calogero Ferrara –  è stato eseguito dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo e ha riguardato otto aziende, immobili, autovetture e decine di rapporti finanziari.

Tra i beni sequestrati anche il Gran Cafè San Domenico, il bar che si trova nell’omonima piazza, e la palestra Body Club di via Dante.

Come si legge in una nota “la misura di prevenzione patrimoniale applicata rappresenta un duro colpo per l’economia vicina alla mafia di Palermo centro. Le aziende sequestrate saranno affidate all’amministrazione giudiziaria nel rispetto dei principi di legalità”.

L’attività riguarda la proposta di applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di Francesco Paolo Maniscalco, che vanta una storia criminale di tutto rilievo sin dalla fine degli anni ‘80. Dalle ricostruzioni operate dal Gico di Palermo, il Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata, emergono infatti diverse condanne per tentato omicidio, rapina, associazione a delinquere, stupefacenti, intestazione fittizia ed associazione a delinquere di stampo mafioso. Francesco Paolo Maniscalco è stato arrestato nella notte di Natale del 1993, nel corso dell’operazione denominata “Angelo due”, che portò all’arresto di 15 soggetti appartenenti ad una organizzazione dedita al traffico di stupefacenti e operante lungo l’asse Colombia/Gran Bretagna/Italia, in collegamento con i cartelli di Calì e della Valle del Cauca (Colombia).

Nel 2000 è stato nuovamente arrestato, unitamente ad altri esponenti di vertice del mandamento mafioso di Palermo-Porta Nuova, per aver organizzato una rapina da 20 miliardi di lire all’Ufficio di Crediti su Pegno della Sicilcassa di Palermo fatta nel 1989. Dopo appena due anni, a giugno del 2002 è stato nuovamente arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo caso le indagini hanno messo in luce i rapporti privilegiati con Giuseppe Salvatore Riina, figlio del più noto “Totò”. In quel contesto è emerso come Francesco Paolo Maniscalco fosse l’anello di congiunzione tra quest’ultimo e numerosi altri mafiosi palermitani.

Già nel 2012 i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo avevano indagato sui suoi interessi economici, portando alla luce un patrimonio ed una galassia di società a lui riconducibili, ma intestate fittiziamente a terzi.