Mafie, delineata la superprocura europea ma ad Agrigento il procuratore perde la scorta

BARCELLONA POZZO DI GOTTO. È tutta una questione di prospettiva. Di zoom, dal generale al particolare; e di panoramica, facendo il percorso inverso. Soltanto così si spiega perché nella stessa sala in cui si è appena delineata la figura del “superprocuratore” europeo, qualche minuto dopo si apprende che il sostituto procuratore di Agrigento, che ha fatto arrestare centinaia di mafiosi, ieri è arrivato qui con la scorta e questa mattina potrebbe ripartire senza i suoi “angeli cu-stodi”. «Gliel’hanno revocata – rivela Sonia Alfano, presidente della commissione europea antimafia – mentre Dell’Utri, Gasparri, Fede e Vespa hanno la scorta». Così è, se vi pare, la trincea della lotta ai cattivi di tutto il mondo. Vista dai buoni – forze dell’ordine e magistrati – presenti a Barcellona Pozzo di Gotto nel workshop “Il contrasto alle mafie in Europa: esperienze a confronto”. Esperienze e numeri portati dagli esperti del crimine internazionale. Come Michel Quillè, direttore aggiunto del’Europol: «I beni generati dalla sola ‘ndrangheta oggi sono 44 miliardi di euro, più di Microsoft e Apple». Con un radicamento particolare in Europa, confermato da Jörg Zierke, presidente della Bka, la polizia tedesca, che stima come «il 50% dei gruppi cri-minali sul nostro territorio sono legati alle mafie italiane». Per Robert Steward, responsabile della taske for-ce europea dell’Fbi ed ex “specialista” in Cosa Nostra, «il crimine organizzato e le dimensioni nazionali non bastano più a combatterlo». Anche perché, sostiene Laurie A. Shlag (delegato in Italia della sezione “Droga e organizzazioni criminali” dell’Interpol), «oggi non dobbiamo constrastare solo fiumi di stupefacenti che viaggiano, ma di criminali poliglotti e manager». L’Italia, a livello europeo, è un modello per leggi e qualità degli investigatori. Come testimoniano Filippo Dispenza (Responsabile Interpol per l’Europa), Maria Delizia Gotti (Dia, capo divisione “Cooperazione Unio-ne Europea”) Giuseppe Magliocco (comandante generale dello Scico della guardia di finanza) e Sergio Schiavone (comandante del Ris di Messina). Ma c’è ancora tanto da fare. Emblematico lo sfogo di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria: «L’Ue perde 10 giorni a discutere sulla lunghezza delle banane da importare, mentre arrivano tonnellate di cocaina». Più ottimista Giovanni Salvi, procuratore capo della Dda di Catania: «Il lavoro di questi ultimi 20 anni in Italia non ha paragone in tutto il mondo: abbiamo le prime, le seconde e le terze file di organizzazioni criminali di quattro regioni oggi in carcere, spesso all’ergastolo La prossima sfida? «L’armonizzazione ordinamentale, un processo lento ma ormai inesorabile». E infine, nello scambio fra Roberto Scarpinato e Salvatore De Luca, tutta la distanza della prospettiva. Il primo – oggi procuratore generale della Corte d’Appello di Caltanissetta, ma per anni in prima linea a Palermo – ricorda che «mentre noi arrestravamo i picciotti intanto a Milano venivano investiti i capitali», ricordando «la famiglia agrigentina degli Stracuzzi, che in Germania è stata condannata per… non aver pagato i contributi agli operai» e invocando «una nuova impostazione nel contrasto all’aristocrazia mafiosa». Il secondo, procuratore capo di Barcellona, che denuncia il «rischio di sottovalutazione del radicamento sul territorio», chiedendo di tenere gli occhi aperti anche ai traffici «dello zu’ Cicciu Spina nel suo quartiere».
di Mario Barresi per il quotidiano La Sicilia